Ritornare a casa.

Finalmente ritorni e tutto è uguale a come l'avevi lasciato. Gli stessi odori, le stesse sensazioni, le chiavi appese al solito posto, la sedia con quel difetto alla gamba che solo tu sai come arginare, le cartoline appese sul frigo, accanto alla foto del Che, il tappeto sbiadito, la ciotola del gatto e il sole che si fa strada tra le persiane, filtrando le immagini del salone col pulviscolo che dona loro un aspetto familiare.

E ti rendi conto che l'unico ad essere cambiato sei tu.

Togli l'essenza claustrofobica di "Amok" e quella disconnessa di "The King of Limbs", aggiungi un pizzico di calore alle composizioni e otterrai questo "Tomorrow's Modern Boxes", nuova e inaspettata uscita discografica dell'ormai instancabile Thom Yorke.

Si parlava da settimane di nuove sessioni di registrazione con la band e oramai si sa, ogni volta che i Radiohead entrano in studio, le indiscrezioni sulle possibili sfumature che il prossimo album possa avere si moltiplicano. Questo sbrodolante atteggiamento da parte della critica e dei fan è diventato davvero insopportabile, come se non ci fosse di meglio da fare nella vita. La vita.

Ecco perché, forse, questo disco, che esce senza alcun tipo di precedente promozione, sembra essere la prima vera apparizione dai tempi di "In Rainbows". Viene dato alla luce così, senza troppo pensarci, in maniera spontanea, con le sue possibili imperfezioni intrinseche, con le sue domande senza risposta.

Non è un album perfetto, ma non lo vuole essere.

Se il singolo "A Brain In a Bottle" è la conseguenza dello studio elettronico approfondito in questi anni, "Guess Again!" ricorda la naturale perfezione di "Pyramid Song", versione 2.0 ovviamente. La perla dell'album assieme a "Truth Ray".

Anche i momenti pensati soprattutto per il passaggio nei club, come "There Is No Ice (For My Drink)", sembrano avvolti da un'atmosfera più umana e palpabile. Lo si nota nella rottura creata da pochi accordi di pianoforte, note ovattate, imbevute di una sorta di liquido terrestre, naturale,  quindi immerse successivamente nelle strutture elettroniche che da anni innervosiscono ogni nuova uscita che abbia a che fare con Yorke.

La stessa voce sembra nascere veramente dallo stomaco questa volta, senza gli inutili giochini a cui ci aveva abituati ultimamente.

Insomma, ascoltarlo mi ha fatto tornare in pace con me stesso. Mi ha fatto tornare a casa.

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