Zero canzoni originali fra le undici nel primo, auto intitolato disco dei Three Dog Night. Solamente due (su dieci) in questo secondo, uscito nel 1969 e con i tre frontman che appaiono da soli in copertina, senza i quattro strumentisti accompagnatori. Il primo a sinistra è Danny Hutton, di origini irlandesi e di timbro vocale leggermente roco e molto potente. Quello in basso è Cory Wells, l’emissione più esuberante e tenorile del terzetto, storicamente il più privilegiato rispetto agli altri nel ruolo di voce solista. L’ultimo a destra coi baffoni è Chuck Negron, il mio preferito, timbro stupendo e giusta dose d’ironia nel suo stile.
“Feeling Allright” in apertura, cantata una strofa per uno, è quella di Dave Mason dei Traffic, coverizzata poco più tardi anche da Joe Cocker e Grand Funk Railroad… Uhm, continuo a preferire la versione dei selvaggi Grand Funk a tutte le altre. “Lady Samantha” che segue era appena stato il primo tentativo di successo dell’allora ventiduenne e sconosciutissimo Elton John; la voce solista è quella di Negron, ma il “naso” artistico è di tutti loro, bravi a puntare su un cavallo purosangue che di lì a poco lascerà il recinto per correre irresistibilmente la sua fantastica carriera.
“Dreaming Isn’t Good for You” è il primo episodio non-cover dei nostri, composto e cantato da Hutton senza infamia e senza lode. Il lento rhythm&blues “A Change Is Gonna Come” vede cimentarsi Cory Wells nei non semplici panni di Sam Cooke, l’autore e grande interprete della stessa, quattro anni prima. Fa da prologo al pezzo forte di tutto l’album, una strepitosa versione di “Eli’s Coming” di Laura Nyro: stavolta il gioco delle tre voci è niente di meno che spumeggiante, irrefrenabile, indimenticabile, insostituibile infine nei loro concerti.
Il disco ormai ha preso decisamente quota e la mantiene con il ben noto lento “Easy to Be Hard”, l’originale proveniente dalla colonna sonora del musical “Hair”, cantato dalla co-protagonista Sheila; il solista dei Three Dog Night per l’occasione è invece Chuck Negron. “Aint That a Lotta Love” del musicista di colore di Memphis Homer Banks è un rhythm&blues accesissimo a’la Wilson Pickett, bravamente urlato a squarciagola da Cory Wells. Ci metteranno la faccia su questa chicca anche Sam&Dave, Flying Burrito Brothers e a fine ottanta pure Simply Red.
“King Solomon’s Mines” è di nuovo canzone originale, ma è semplicemente un saggio timpani + percussioni, più qualche lamento vocale in sottofondo; infatti è intestata al solo batterista Floyd Sneed, bel pezzo d’uomo di colore. Subito dopo Danny Hutton, in particolare evidenza in quest’album, torna alla voce principale nella penultima, trascurabile “Circle for a Landing” di Don Preston.
Assolutamente non trascurabile è invece il gran finale “Celebrate”, con di nuovo tutte e tre le ugole ad alternarsi al proscenio una strofa a testa, tessendo poi cori e contro cori a profusione nel solare ritornello che reitera più volte il titolo. E’ uno di quei pezzi che da qui in poi riproporranno costantemente in concerto, vista la sua carica positiva e trascinante, e per una volta i nostri non coverizzano loro colleghi… commissionano semplicemente la composizione del brano agli autori Gary Bonner e Alan Gordon.
Disse il buon Billy Joel all’intero, gremito Madison Square Garden una ventina d’anni fa, mentre lo stavano elevando alla “Hall of Fame” americana: ”Non sono altro che un autore e un interprete derivativo, ma se da questa Hall of Fame si escludessero tutti i musicisti derivativi, non resterebbe in elenco un solo artista di razza bianca!”. Figurarsi i Three Dog Night, che non ci provano nemmeno, o quasi, a riciclare la grande musica inventata dai neri e preferiscono pescare direttamente nelle loro cose, oppure riciclarne le prime derivazioni “bianche”, per mettere insieme un robusto catalogo.
Ma lo fanno bravamente, e con splendide e convinte voci che recano un particolare senso di gioia: per niente seminali i Three Dog Night, ma ultra piacevoli.
Elenco e tracce
Carico i commenti... con calma