I Three In One Gentleman Suit sono, nemmeno a farlo apposta, tre allegri ragazzi romagnoli lanciatisi all'avventura sonora nel tortuoso universo del Math Rock. Per l'avventura i ragazzi hanno riempito lo zaino con album di Karate, June Of 44 ed una buona (forse eccessiva) dose di intellettualismo. Ciò può bastare per produrre un disco Math Rock (o Post Rock, che dir si voglia) con le palle? Si e no. Ed è probabilmente intorno a questo dualismo che vertono dubbi e certezze riguardo l'opera in questione.
Da un lato abbiamo il talento, dall'altra la derivatività. Da un lato abbiamo grandi melodie, dall'altro abbiamo linee vocali poco convincenti. Da un lato abbiamo un pugno di ottimi brani, dall'altro abbiamo alcuni episodi lontani dal poter aggiungere qualcosa a quanto già detto. Da un lato abbiamo spunti interessanti, dall'altro abbiamo un marasma di idee ancora da delineare. Sono da delineare assolutamente poichè anche nei brani meno riusciti ("Two Thousand Steps", "Hi Fi Burnout" e "Get Off My Plane") ci sono intuizioni di rilievo che sembrano gettate lì nella bolgia sonora finendo dimenticate tra stop and go ed armonie ritmiche. Quando, invece, i Three In One Gentleman Suit decidono di distaccarsi dalla canonica forma canzone e di divenire più "tortuosi" (ho detto tortuosi, ma si è liberi di leggere anche Tortoise), le cose cominciano a farsi interessanti. Ed allora si parte con "Math Rule The Squadron" basata su tempi non convenzionali ed un finale in crescendo emotivo con i fiati a farla da padrone, passando per la summa di stile di "A Sort Of Withdrawal", giungendo alla follia simil noise di "Underwater, My Samba" e all'andamento schizofrenico misto ad una perfetta amalgama strumentale di "Approach/Arrival" e chiudendo il tutto con la romantica decadenza di "Delikatessen" che trova il suo picco qualitativo nel break pianistico posto nella fase centrale. Brani di ottima caratura che risultano però calare parecchio nel contesto complessivo dell'opera, affossati da alcune boriose e soporifere litanie mascherate da un approccio intellettualoide che vorrebbe tanto renderle migliori o interessanti, per poi risultare, alla fine dei giochi, nient'altro che la brutta copia di sè stessi. La discontinuità della tracklistè eloquente al riguardo, tant'è che è difficile trovare continuità qualitativa tra due brani di fila.
Concludendo, se i ragazzi togliessero dallo zaino gli album di Karate o June 44, inserendo al loro posto del buon prosciutto modenese, la loro avventura (di cui sopra) diverrebbe senz'altro meno ostica e più interessante. Rimandati con 2.5.
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