Molti fans del metal estremo degli ultimi quindici anni non credo possano dimenticare questo lavoro degli svedesi Tiamat (di provenienza Hammarby-Stoccolma tanto per cambiare ) che si distinse come autentico pioniere nell'utilizzo di componenti spudoratamente melodiche all'interno della scena death-black primi nineties.
Uscito sotto l'egida della Century media nel 1992, ad un paio d'anni di distanza dal grezzo e malefico "Sumerian Cry", questo e`infatti il platter che consegnerà ai nordici il titolo di "creatori" del suono melodic-death (insieme agli At The Gates from Gothenburg) e che in seguito sarà fonte di ispirazione per molte bands svedesi e non tra le quali cito, su tutte, gli oramai famosi Katatonia. L'album consta di ben dodici tracce che si assestano su una durata media di cinque minuti, dotate di una produzione sorprendentemente cristallina, dove tutti gli strumenti trovano il giusto spazio e bilanciamento.
Il genere proposto dai nostri si rivela complesso, molto articolato e, quindi, di difficile catalogazione. Introdotti da un intro di stampo horror-sonfonico si comincia con la devastante "Lady Temptress" , assalto death-thrash dal riffing mozzafiato unito alle crude urla di Edlund (originale ed ispirato). Notevole la sezione ritmica che annichilisce l'ascoltatore senza alcuna pietà mentre l'assolo finale lascia intravvedere spiragli di brillantezza melodica che ritroveremo nei pezzi a seguire.
Infatti con il trittico " Mountains of Doom "," Dead Boys Quire "," Sumerian Cry 2nd Part " i Tiamat ci ammaliano con armonie novembrine di matrice doom-gothic unite alla furia del classic-death scandinavo. Morbide chitarre acustiche duettano con riffs feroci e taglienti, il tutto contornato da efficaci keys dalle tinte molto sinfoniche. Presenti anche partiture di hammond davvero interessanti nell'ultima delle tre da me citate.
Il growl di Johan, rauco e sofferto, si differenzia notevolmente dai titpici stilemi black-death e dona alla musica quel quid di originalità in più (uno dei pochi veramente in grado di " cantare "il death-metal).
Seguono "On Golden Wings" e "Ancient Dreams", brutali, grezze, sfoderando uno stile chitarristico che rimanda agli arcinoti conterranei Unleashed. Efficaci i solos di Thomas Pettersson, incredibile la verietà nel guitar-work caratterizzata da un'attitudine "progressive" che ritroveremo nei futuri capolavori seminali "Clouds" e "Wildhoney".
"The Southernmost Voyage" ci fa realizzare con che tipo di musicisti ci troviamo di fronte: assolutamente imprevedibili e fantasiosi! Una ballata acustica arricchita da keys tristissime, vocals sospirate e tenebrose, un vero inno all'ancestrale, alle ferite del cuore, ai sogni destinati ad infrangersi contro muraglie di gelo ed indifferenza.
Tra le tracks finali si segnalano "A Winter Shadow" per le sue atmosfere orientate sul passato piu`black del combo ed, in particolar modo, la solenne "Angels Far Beyond" un ibrido assai riuscito tra thrashy riffs-heavy solos e sequenze sinfoniche lugubri e lancinanti. Johan si dispera al microfono generando cascate di interminabili incubi..
"The Astral Sleep" incarna il suono melo-death e, a mio modo di vedere, lo inventa di sana pianta coniugando elementi che, pur provenendo da generi rock-metal distanti l'uno dall'altro, creano un amalgama quasi perfetto. Il quasi è d'obbligo poiché in futuro i nordici smusseranno i pochi angoli e si supereranno ulteriormente.
Nota conclusiva per la qualità dei musicisti, dotati di stupefacente padronanza considerata l'età media (19 anni!). Fatevolo vostro.
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