Un’Alice ventiduenne, adulta, razionale, oggettiva e prossima alle nozze ritorna (purtroppo?) nel mondo delle meraviglie. Protagonista completamente differente da quella Carrolliana, protagonista di un mondo che ancora oggi fa sognare grandi e piccini.

Il meraviglioso mondo (che di meraviglioso non ha poi tanto) è assai distinto rispetto a quello descritto nella sua prima visita; un mondo controllato dalla terribile Regina Rossa (Helena Bohnam Carter), macrocefala dalle manie di grandezza e patita di esecuzioni capitali. Dalla parte opposta troviamo la sorella minore (Anne Hathaway), Regina Bianca, amante di ogni creatura ed essere vivente, dalla parlantina flemmatica e dagli atteggiamenti “alticci”. In seguito a dei problemi a corte la Regina Rossa dichiara guerra alla sorella, l’unica in grado di riportare la tranquillità è Alice, che incarna il ruolo di paladina della giustizia con tanto di armatura, cavallo e spada magica. Il film non è granché. Burton avrebbe potuto fare molto meglio. Contando che la prima settimana il film sbancò il botteghino raggiungendo addirittura il colosso Avatar, la pellicola il certi punti è lenta, noiosa e scontata. A partire dalla cara e innocente Alice, pesce fuor d’acqua, che vive alle spalle dei vari Bohnam Carter, Depp e della Hathaway (a mio parere bellissima come non mai) che sfortunatamente interpreta una figura secondaria aggirandosi per ambienti tetri e funerei come la luce di un faro portuale in una notte buia e silenziosa. Personaggi che solo lontanamente rispecchiano il mistero, la pazzia e la saggezza del racconto di Lewis Carrol, compreso il cappellaio (un lunatico seppur depresso Johnny Depp) al quale, non solo non è bastato il sorriso e il carisma per reggere uno dei ruoli chiave della storia, ma si è anche reso protagonista di un tristissimo e sgradevole ballo finale.

Eppure, lo ripeto, Burton avrebbe potuto fare molto meglio. La sua grande capacità di portare sogni ed incubi sul grande schermo è riconosciuta da tutti ma questa volta ha fatto buca, il film non incute timore e non fa ridere, non fa commuovere e non fa emozionare. Ormai anche Tim, “l’eterno bambino”, ha preferito le guerre e gli effetti speciali ai macabri sogni di mezzanotte. Questa volta “i matti non sono i migliori” ma sono semplicemente da sbattere in manicomio.

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