Un elefantino freak con due occhioni tanto malinconici. Lo portano in alto, in cima al tendone, e lui non sa che fare, circondato dalle fiamme. Non sa ancora bene di poter volare.

Dumbo con il muso colorato da pagliaccio un po' horror è sicuramente un'immagine promettente, che sembra sposare nel modo giusto la favola disneyana e la visione burtoniana. Peccato quindi che il film inciampi e sprechi le potenzialità enormi della storia, che per l'occasione viene rivista e ampliata.

Dumbo è un albatro, un reietto, la cui goffaggine e deformità nascondono un potenziale enorme, e quelli che sembrano difetti, mostruosità, sono proprio gli strumenti che gli permettono di volare. Dumbo non è tanto diverso dai suoi amici del circo Medici, un popolino dolente sempre in bilico, che ride delle sue disgrazie, che cerca di farsi forza nonostante i lutti, le mutilazioni.

Dumbo è il mostro meraviglioso che li porta alla ribalta, che li fa sognare un pochino, un sogno in bilico sul vuoto, che può sorreggersi solo su quelle orecchione che fanno volare il piccolo animale e con lui tutta la sua famiglia.

Dumbo è un cucciolo, sottratto alla sua mamma per mera speculazione economica, un fenomeno da baraccone che resiste e vola sorretto solo dalla speranza di rivederla, ingenuamente convinto che le promesse fattegli verranno mantenute.

Questo ben di dio viene dilapidato o quasi. Poco approfondimento psicologico, gestione infantile delle tematiche, e un secondo tempo pessimo che punta tutto sull'azione, utilizzando scorciatoie narrative davvero scadenti, e decreta sostanzialmente la vittoria della Disney su Tim Burton, che non è più lui da tempo.

Sorprende la pigrizia del regista che accetta prono una serie di personaggi bidimensionali da far spavento (lo sceneggiatore è quello di Transformer e del Ghost in the Shell del 2017, brividi). La malinconia resta quasi solo negli occhioni (spettacolari, ottima grafica) dell'elefantino, per il resto domina un moralismo melenso e condito di risatine facili, infantili.

Anche la buona trovata di DreamLand dà ben poco, perché manca proprio una visione a sorreggere la trama. Non c'è un vero punto di vista sulle tematiche che si stanno portando, le si butta lì tanto per. Anzi, la poca sapidità diventa disgusto di fronte a una serie di passaggi grossolani, figure caricaturali e straviste, e in generale una gestione acerba e superficiale della storia. E Burton non ha assi nella manica per riscattare il tutto a colpi di estetica.

Il finale è un condensato di buoni sentimenti un tanto al chilo, che fa pena per quanto è goffo e zuccheroso, e arraffa in malo modo la tematica animalista che non è mai stata nemmeno sfiorata nel corso del film. Non è quella la questione centrale di Dumbo. Male male insomma, e dire che questo sembrava il film più promettente della serie di rifacimenti in arrivo da mamma Disney.

5/10

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