Il progresso ci permette di avanzare verso il futuro. La tradizione ci mantiene attaccati alla terra, statici. Quello che non torna, osservando l'universo che l'uomo si è creato, è che l'avanzamento non è divenuto sinonimo di bene e la tradizione, in alcuni tra i suoi multiformi volti, non è rimasta sinonimo e conseguenza di conservatorismo. Narra la storia di come il punk sia scomparso, di come il pop ottantiano sia rimasto confinato nelle teche di nostalgici, di come il rock si sia quasi totalmente involuto e disperso in migliaia di rigagnoli fetidi di compromesso e vacuità. Sono sempre più convinto che ciò che permane nel corso dei secoli sia la musica che è nata nella sofferenza dei nostri antenati e nella brutalità del bisogno. Canti semplici, nati per esprimere eventi antichi ed eterni, musiche di unione e passione, di piogge, incendi, devastazioni, amori. Dai primordiali violinisti ungheresi fino a Bonnie "Prince" Billy e Townes Van Zandt si snoda l'arazzo mal tessuto e commovente di una musica che narra la vita dei popoli mediante le parole e le note dei singoli.

Tim O'Brien continua la sua impassibile opera di divulgazione della tradizione americana old time con "Songs from the Mountain", anno del Signore 2002. Potrebbe essere il 1850, e potrebbe essere stato registrato con un cilindro di cera e con un banjo ricavato dalla pelle di un gatto (tenera aneddotica bluegrass: l'enorme vecchio Doc Watson ottenne il suo primo clawhammer banjo, costruito dal padre, procacciandosi la pelle direttamente da un defunto felino. Poi divenne celebre come chitarrista e non come suonatore di banjo, ma questa è un'altra storia): il risultato non sarebbe diverso. I brani strumentali sono di un vigore unico; lasciamo le orde dei fichetti a danzare come inetti sui loro quattro quarti da discoteca, convinti di poter raggiungere l'estasi penetrando in maniera fittizia l'aria e le creature attorno; noi ci accontentiamo di vomitare nella violinistica brutalità di "Stobrod's tune" e della breve e vertiginosa "Lonesome John" (i punk si chinino ed imparino: qui non ci sono accordi, dato che non c'è una chitarra, c'è una ritmica rozzissima compressa in 1:53 di sudato furore old time: altro che "God Save The Queen". E con almeno un secolo di anticipo.)

Tim O'Brien passa dalla sbronza ridanciana di "The drunkard's hiccups (Jack of diamonds)" all'eleganza di "The Blackest Crow". Una magia, un vento doloroso come un mistero, una carezza tenue. Una delle più belle poesie d'amore innestata sull'albero in ombra di una melodia in minore. Spinge ad immaginare il solitario creatore, vecchio più dell'uomo e già colpito dalla disperazione dell'amore, morto e vissuto all'ombra di montagne immani e terribili, verdi e grigie come la grappa e con lo stesso oblio avvolte.

L'eternità della musica è nascosta nell'eternità di queste canzoni. Dolore e passione, fame e sete, ubriachezza e lussuria, tenerezza e solitudine, amore ed odio feroce vivono fianco a fianco, come fratelli storpi bisognosi di essere elevati o distrutti come demoni dal fragile vaso spesso rotto: noi stessi, l'Uomo.

Parentesi Brechtiana, ovvero Elogio degli Inivisibili: assieme a Tim O'Brien (voce, chitarra, mandolino, fiddle) hanno suonato Andrea Zonn, Pete Wernick, Mollie O'Brien (cori); John Herrmann (banjo, mandolino,cori); Dirk Powell (banjo, fiddle, piano).

"I am a poor wayfarin stranger
While travelin through this world below
There's no sickness toil or danger
In the fair land to which I go"


  • OleEinar
    1 ago 09
    Recensione: Opera:
    Davvero stupenda questa pagina.
  • Franci!
    1 ago 09
    Recensione: Opera:
    Lascio il meritato 5 e vado a prendere il mio volo. Ci si vedeee Debaser!
  • lazy84
    2 ago 09
    Recensione: Opera:
    leggere le tue pagine è sempre una goduria
  • supersoul
    2 ago 09
    Recensione: Opera:
    ma questo non è un disco che si può "imputare" al solo O'Brien, è una collaborazione a pari titolo con il fiddler Dirk Powell e il banjoista John Herrmann per musicare il racconto sulla guerra civile USA di Charles Frazier "Ritorno a Cold Mountain" che stranamente non è andata a far parte della colonna sonora del film omonimo con la Kidman. E' sicuramente uscito prima del 2002, credo qualche anno dopo il romanzo che è del 1997 ed è una stupenda raccolta di atmosfere appalachiane su cui qualsiasi punk piscerebbe sopra e secondo me con ragione seguendo il punto di vista del punk che non aveva niente da imparare e niente da insegnare. Riguardo Tim O'Brien è un polistrumentista bluegrass tecnicamente bravissimo ma per quello che ho ascoltato ultimamente (es i due dischi fatti uscire in contemporanea tre quattro anni fa)è molto attento alla forma, a me invece piace chi è più attento al contenuto come l'immenso John Hartford del trittico di album della prima metà dei settanta "Air-plane" "Morning Bugle" "Mark Twang". Credo che da dischi come "Air-Plane" abbia imparato un punk pentito come Johnatan Richman :)
  • Recensione: Opera:
    In effetti mi sono lasciato trarre in inganno dal sito ufficiale, in cui l'album compariva sotto la denominazione "Tim O'Brien" e non con una dicitura a parte. Me ne scuso.Comunque quella del punk è solo una facezia poco ragionata, ma secondo me neppure così lontana dal vero: non è un mistero che il più greve, violento, spasmodico, drogato e depravato di tutti i punk, settemila volte più estremo di tutti gli Iggy Pop e Sid Vicious,ovvero mr. G.G. Allin sia stato un fan dichiarato ed abbia tributato omaggio a Hank Williams. Ovvio, si parla di musicisti diversi e non intendo paragonare O'Brien e Williams, però sono convinto che il punk cresciuto non piscerebbe sopra a questa musica... Grazie a tutti.
  • Recensione: Opera:
    Comunque hai ragione, Supersoul. O'Brien è un "divulgatore" di bluegrass ed old time, un ottimo conoscitore di ciò che suona e del tutto ineccepibile tecnicamente. Per qualcosa di più rude e vicino all'essenza profonda di questa musica guardo a Doc Watson, Bill Monroe, Tony Rice, Mark O'Connor, Jerry Douglas e così via...
  • Recensione: Opera:
    aggiungo alle mie preferite
  • Bartleboom
    11 ago 09
    Recensione: Opera:
    Non so se te l'ho già detto, ma te sei uno dei miei preferiti. Mandane a bombissima!!
  • MorgueOfAbsinth
    14 ago 09
    Recensione: Opera:
    Grazie...

Ocio che non hai mica acceduto al DeBasio!

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