Pianista e compositore americano di grandissima sensibilità e raffinatezza, Tim Story qui da noi gode di poca notorietà, benché nel corso dei decenni abbia consolidato un suo seguito. La delicatezza e la succitata sensibilità di questo artista offrono in questo disco l'apice del suo stile, scrivendo un continuum musicale fatto di piccoli quadri acquatici e floreali che attingono a vari filoni senza incarnarne del tutto nessuno. Proprio perché "Beguiled" è l'opera che meglio rappresenta l'artista nella sua dimensione emozionale e, dunque, manifesta la sua vera originale natura.
Rappresentato da una copertina in stile 4AD, non accosterei del tutto questo album all'ambient e nemmeno alla new-age, dato che intensi sono gli echi del dreampop e del romanticismo contemporaneo. Le sonorità elettroniche si fondono perfettamente con quelle acustiche e l'impronta culturale trascende qualsiasi riferimento temporale. Questa, in definitiva, è musica che emozionerebbe tanto un uomo dell'Ottocento, quanto un uomo del Ventiduesimo secolo.
Tim Story è rimasto un compositore di nicchia, con un suo seguito fedele e una collocazione musicale non precisa, per l'appunto. In Italia lo conosco davvero in pochi, ma anche in patria non ha goduto di riconoscimenti massivi. All'ombra dei più blasonati Eno e Budd (per citarne un paio) ha continuato a produrre le sue opere con umiltà e con grande coerenza.
In "Beguiled" spiccano come acquerelli intensi svariati brani strumentali che sembrano ispirare il sogno e la malinconia di luoghi avulsi dalle frenesie e dalle brutture della contingenza. "Pale Litany", "Helen Of The Best", "Her Cathedral" e la stessa "Beguiled" hanno l'evocativa leggerezza che abbiamo trovato in certi lavori di Mick Karn e David Sylvian, ma anche in certi passaggi dei Talk Talk e in certe atmosfere dei Dead Can Dance più luminosi.
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