Il Greenwich Village, ormai leggendario quartiere residenziale di Manhattan, NY, a partire dagli anni ’60 è stato il teatro di un andirivieni di artisti – (quasi) tutti (più o meno) talentuosi e creativi –, che lo hanno eletto come loro paradiso in terra, un regno dove l’arte e la vita potevano, spesso, coincidere. Nonostante fosse “second nature” (spontanea) una sostanziale gerarchia maschile, non mancavano certamente figure femminili, che, bene o male, hanno dato qualcosa, sia umanamente che artisticamente a quella scena. Tra le grandi dimenticate: Tina Date.

Australiana, di Melbourne (non quella di Jim Morrison, in Florida), trapiantata a New York, nel 1966 Tina ottiene una piccola parte nella commedia “They’re A Weird Mob” (“Sono strana gente”), con Walter Chiari come attore protagonista. Ma prima, giusto un anno prima, pubblica il suo primo ed unico album, “A Single Girl”, un titolo potente nella sua drammaticità. Eppure la musica contenuta, seppur sia venata, spesso e volentieri, di malinconia, è espressione di gioia, bucolica, atemporale. Forse un po’ naif, in realtà molto genuina e profonda – innocente. Potrebbe essere un disco del 500, se nell’500 ci fossero stati gli LP. L’atmosfera è molto “elisabettiana” (non a caso due brani sono tratti dall’Amleto di Shakespeare).

Viene da chiedersi: le canzoni sono sue o sono tutti dei traditional? L’appiglio è sicuramente molto tradizionale, ma qualcosa mi dice che i testi sono inediti. Vado a cercare, e scopro che si tratta di un mix di musica folk tradizionale e moderna. Quindi, niente di suo. Eppure!? La titletrack potrebbe essere sua. Non avendo informazioni, do per scontato che sia sua. Il pezzo che mi è rimasto più impresso – però – “It’s Hard for a Lass to Be Lonely” (“È dura per una ragazza essere sola”), è l’unico, effettivamente, nato dalla penna di un Australiano: Bill Scott, poeta molto rinomato in patria.

A prenderla sotto la propria ala, il produttore discografico (e cinematografico) Arthur Gorson, che, contemporaneamente, ha, nella sua cerchia di eletti, artisti del calibro di Phil Ochs (con il quale Tina avrà anche una relazione, burrascosa), Tom Rush e David Blue. Ma torniamo indietro!

Tina, da ragazza, studia pianoforte classico, finché, una volta iscrittasi all’Università, non comincia a dedicarsi, con impegno, al teatro. Una parte di canto in uno spettacolo le dà la confidenza necessaria per esibirsi in pubblico e presto impara, da autodidatta, a suonare la chitarra, e fa delle apparizioni nei folk club di Sydney (e dintorni), per esempio al Troubadour. Supporta diversi performer internazionali durante i loro tour Australiani, inclusa Judy Collins – e le due diventeranno, successivamente, buone amiche. Questo, forse, il presupposto che l’ha portata a volare in America.

Discograficamente, come detto, l'LP del '65 non è nient’altro che “a single album” of “a single girl”. Una perla da mercatino dell’usato in qualche polveroso angolo di mondo – se ancora esistono copie di questa sublime collezione di brani tradizionali, che, seppur tradizionali, emozionano senza annoiare. Nonostante, spesso, io premi l’autorialità, e quindi chi se la scrive e se la canta, questo è uno dei rari casi in cui chiudo un occhio.

PS. Si è parlato di un “album perduto” di Tina Date, registrato nei ’70, con il produttore Shel Talmy. L’album aveva come tema fulcro la storia di Ned Kelly, leggendario fuorilegge australo-irlandese. L’amico e artista Martin Sharp aveva lavorato sulla copertina e nell’album figuravano Albert Lee alla chitarra e Clem Cattini alla batteria. Purtroppo, a causa di problemi contrattuali, “The lost album” (per così dire) non è mai stato pubblicato.

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