Era il 1964, ed evidentemente si sapeva far del cinema.

Incredibile guardare oggi a queste opere assolutamente casalinghe e provinciali, ed eppure, al contempo, così globali e perfette.

Indubbiamente, prima dell'avvento dei "cabaregisti", del tracollo (o la morte) dei mostri sacri, e prima del dominio massificante televisivo che tutti ci ammorba, sapevamo far del bel cinema.

Compreso questo signorotto simpatico e col sigarone sempre in bocca, oggi tutto preso in un groviglio di tette e di culi che neanche il nostro presidentedelconsiglio....

Bene, anche questo goliardone del Tinto sapeva fare del gran cinema. E le tracce, anche se sembra impossibile, si vedono anche nelle opere successive, quelle forse minori e sicuramente più "porcellone". Sempre s'è visto un amore ed un gusto tutto particolare dell'inquadratura e del colore, anche se, negli ultimi decenni, totalmente finalizzati al culto del culo e dintorni.

Comunque la si pensi del nostro Tinto (che personalmente adoro), nel passato ha dimostrato d'avere una capacità artistica vera e propria non certo minore rispetto a quella dei grandi maestri del cinema del secondo novecento italiano.

Qui la storia è semplice quanto divertente: un disco volante, con tanto di marziani, atterra nella campagna veneta.

Uno strepitoso Alberto Sordi, impegnato nell'interpretazione di ben quattro personaggi, è spassoso quanto bravo. Non gigioneggia come quando -dopo molti anni- prenderà a dirigersi direttamente, e riesce a essere ineccepibile in tutto, persino nei dialetti. Uno dei quattro personaggi, per i più appassionati, è sostanzialmente quel meraviglioso "Cavo Malconcio" che impreziosisce "I Nuovi Mostri", qui con una tendenza omosex là non percepibile, indirizzata comicamente tanto ai Carabinieri quanto al marziano. Le parti femminili sono di Monica Vitti e Anna Magnani, di cui è inutile sottolineare la bravura.

La modernità assoluta del film sta nella struttura, da falso documentario, inizialmente con interviste, che sarà (un caso?) il futuro marchio di fabbrica di Woody Allen, nonché nella "morale": dietro la comicità si tratta infatti di un film di denuncia della mentalità piccolo provinciale, bigotta e profittatrice che -evidentemente da sempre- caratterizza le nostre desolatissime quanto belle lande.

Tinto era già rivoluzionario allora, molto più di quanto apparisse superficialmente. E probabilmente molto più di quanto lo sia stato oggi e ieri, nelle opere "porcellone" della maturità.

Insomma: perla nascosta, da recuperare assolutamente e divulgare, per ricordaci com'eravamo.

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