La recente pubblicazione di "Runnin' Down A Dream", il film-documentario di Peter Bogdanovich che racconta l'intera carriera del biondo chitarrista della Florida e del suo favoloso gruppo, ci offre l'opportunità per parlare di un suo album forse troppo presto dimenticato.

Pubblicato nel 1981, "Hard Promises" ha l'unico imperdonabile difetto di collocarsi, nella storia discografica di Tom Petty, tra "Damn The Torpedoes", un capolavoro di equilibrio sonoro ricco di canzoni ormai diventate classici del rock e "Long After Dark", un disco vincente e compatto trascinato al successo da una paio di singoli indovinati.

Riascoltando oggi attentamente "Hard Promises", ci si accorge che trova proprio in "Damn The Torpedoes" il modello a cui ispirarsi e, a distanza di anni, non è ancora chiaro perchè pubblico e critica lo accolsero con tiepido entusiasmo regalandoli, comunque, il quinto posto nelle classifiche americane. Eppure motivi per farsi ricordare ne ha parecchi. L'iniziale "The Waiting" è uno dei grandi pezzi che il Nostro ha scritto nella sua trentennale carriera. Byrdsiano in tutto, rimane un brano insuperato e difficilmente dimenticabile. Stesso discorso per "A Woman In Love", un rock diretto nobilitato da un ispirato e preciso Mike Campbell e per la ritmata e chitarristica "The Criminal Kind". Petty non si scorda di omaggiare i suoi eroi musicali di sempre così "Something Big" ha un cantato dylaniano che le offre un discreto fascino folk e "Letting You Go" sembra un pezzo perduto di Roger Mcguinn. Il disco però non si ferma certo qui visto che ha altre carte vincenti da giocarsi. Si tratta di due superbe ballate che da sole valgono l'intera opera. "Insider" è un sentito duetto con l'amica Stevie Nicks che, all'epoca, era talmente legata alla vita musicale di Tom Petty da essere perfino disposta ad abbandonare i Fleetwood Mac per entrare negli Heartbreakers mentre, la conclusiva "You Can Still Change Your Mind", tocca le corde dei sentimenti più nascosti. Sono queste le note più felici di un album che forse ha pagato troppo la rilassatezza di fondo che lo abita e lo circonda.

Interessante inoltre il nuovo approcio vocale di Petty che risulta più personale, maturo e meditato di quello nervoso ed irruento dei primi dischi. Un artista talmente maturo che, prima dell'uscita del disco, decise di opporsi con una battaglia legale, poi vinta, alla sua stessa casa discografica che voleva aumentare di un dollaro il prezzo di "Hard Promises".

Tornando a "Runnin' Down A Dream", il film di Bogdanovich viene presentato in un elegante cofanetto che contiene l'intero documentario, della durata di quattro ore e ricco di filmati rari, su due dvd, un concerto registrato nel settembre del 2006 a Gainesville, la città natale di Tom e un cd di brani inediti tratti dal film. Il dvd del concerto è assolutamente imperdibile. Tom Petty gioca in casa e gli Heartbreakers girano che è un piacere. Il biondo musicista ripropone i suoi classici da "Free Fallin'" a "Listen To Her Heart", dalla pianistica "Southern Accents" alla psichedelica "Don't Come Around Here No More". Rispolvera la bella "Handle With Care" dei Traveling Wilburys e scatena il suo pubblico con "You Wreck Me" e con l'inno di "American Girl". Non contento regala inattese ed ispirate versioni di "I'm A Man" in sapore Yardbirds, una spiritata "Oh Well" dei Fleetwood Mac e nel finale "Mystic Eyes" di Van Morrison. Ospite della serata è una rinata Stevie Nicks con la quale Tom duetta in diversi brani tra cui la famosa "Stop Draggin' My Heart Around", un successo del 1981 che non avrebbe sfigurato su "Hard Promises".

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