Tom Waits ti trafigge al cuore. Quando meno te lo aspetti. "Alice" ti culla subito, in un mare noir che sembra uscito dai romanzi di Simenon o chissà da quale fumosa metropoli americana, forse proprio la Los Angeles di Tom, e poi il viaggio continua senza sosta, ritmato dagli sbuffi del treno di "Everything You Can Think", che porta verso Singapore (echi del capolavoro "Rain Dogs") e dagli organetti stonati. C'è poi una splendida, malinconica sosta dalle parti di "Flower's Grave", ballata del miglior triste Tom, e di "No One Knows I'm Gone", canto di grigia lontananza e solitudine.

Si riparte con la schizofrenia brechtiana di "Kommienezuspadt", cosi aspra da essere quasi fastidiosa, fino al capolavoro immaginifico(leggere il testo per favore) di Poor Edward, una di quelle canzoni che nessuno avrebbe mai potuto scrivere se non Tom. L'elenco potrebbe continuare, ma non potrebbe rendere l'efficacia teatrale, perchè di canzoni per il teatro si tratta, e musicale ovviamente che Tom Waits sa esprimere. Il viaggio invece continua attraverso la storia "blues" di "Table Top Joe", il recital di "Watch her disappear" eccetera eccetera, fino a "Fawn".

Se il viaggio vi interessa, dovete solo sedervi e lasciarvi cullare. Il treno sta partendo. . . . . . . .

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