Imola, museo di San Domenico 16/9- 29/10- 2017

1)

Una scatola delle sorprese (regalo di Stefania) con dentro tanti fogliettini colorati a mano …

Su ogni fogliettino dei versi trascritti con una grafia gentilissima (quella di Stefania)…

E quindi lode a Stefania (sempre sia lodata)...

(sempre)

Ma lode anche a chi quei versi li ha scritti, ovvero Tonino Gottarelli, artista ingiustamente dimenticato.

I versi della scatola son tratti, in gran parte, da “Vita di un’idea”, libro che è assolutamente inutile che cerchiate. E’ fuori catalogo da anni e nemmeno io ne sono in possesso.

Io però abito a Imola. E Imola, oltre a essere la mia città, è anche il luogo dove Tonino Gottarelli ha , bene o male, vissuto. E i suoi libri, a Imola, si trovano.

Magari a casa di questo o di quello, magari in biblioteca, ma si trovano.

La prima volta che mi capitò di avere tra le mani “Vita di un’idea”, io…rimasi...

Rimasi assolutamente folgorato.

E l’attimo in cui lessi “ E SON QUI, HO DESIDERIO DI ESSER QUI, MA NON SON QUI ABBASTANZA”, ecco, quell’attimo io me lo ricordo bene.

2)

Tonino Gottarelli ebbe pure i suoi quindici minuti di semi celebrità…

Si era nei novanta e, non so come (immagino che qualcuno ce l’avesse trascinato), dicevo, non so come, per un paio di puntate, fini in pasto al pubblico del Maurizio Costanzo Show…

La prima puntata andò pure bene:..

Quel vecchietto stravagante, dalla lunga barba e dai lunghi capelli, sembrava assolutamente perfetto per il pubblico televisivo. Certo era un po’ astruso, ma in fondo anche simpatico e rassicurante.

Poi però Tonino nella seconda puntata con la stravaganza esagerò un pochetto...e…e non lo invitarono più…

3)

Cascasse il mondo, tutti i pomeriggi, Tonino Gottarelli prendeva la sua bicicletta da corsa e se ne andava in giro per le colline imolesi. Poi, tornato a casa, dipingeva quel che aveva visto.

Quelle colline, del resto, per lui si rinnovavano continuamente e non erano mai le stesse. E, tutti noi, colpevoli di non avere occhi per quello che avevamo intorno, tutti noi, per lui, eravamo i distratti e i disattenti,

Gottarelli a proposito dei suoi viaggi in bicicletta, parlava di turismo in centimetri, o turismo dei poveri. E questo fatto, lo ammetto, mi faceva sorridere.

Che ok le colline, ma i suoi viaggi erano anche in posti come Castel Bolognese o Mordano, paesini nei dintorni di Imola che nessuno si sognerebbe di prendere in considerazione.

Eppure lui su Castel Bolognese poteva scrivere una cosa così:

“E il cielo si intromette da ogni parte, il cielo che insiste come sfondo a calarsi tra gli spazi vuoti, tra muro e muro, tra case e case, sugli spigoli, chiaro come un volto. E mi basta intrattenermi con una macchia di sole che sottolinea l’angolo retto del cornicione, mi bastano due minuti d’orologio per avere due ore di piacere”

4)

E comunque si, le colline erano per lui sempre diverse.

L’abbiamo detto, non era distratto o disattento.

Oddio distratto magari si, che una bolletta della luce, che a quel punto non era più una bolletta della luce, poteva finire nei suoi collages.

“Dov’è la bolletta della luce, Tonino?”

“Che vuoi che ne sappia, Mariana”

“Eppure l’avevo messa qui”

“Io non l’ho vista”

“Ma cavolo Tonino l’hai messa nel quadro?”

“Ah, era una bolletta della luce?”

Che poi in quei collages ci finiva di tutto.

Tipo usciva la mattina prestissimo per staccare i manifesti pubblicitari. E, staccandosi, i manifesti portavano via un po’ di ruggine dagli espositori ai quali erano appesi. Ed era quella ruggine ad interessarlo, la ruggine e poi l’umido che colava sul quadro.

Poi, per dire, nei collages ci finivano anche le pagine della gazzetta dello sport, quotidiano che, essendo appassionato di ciclismo, acquistava tutte le mattine.

Manifesti pubblicitari, gazzetta dello sport e anche un sacco, un sacco di altra roba.

5)

“Guido, se hai tempo dovresti accompagnarmi in un posto”

“Va bene Tonino”

(Il posto era un luogo seminascosto tra le colline che solo lui conosceva, li crescevano gli iris)

“Mi aiuteresti a raccoglierli?”

“Certo Tonino”

(E, una volta raccolti, gli iris vengono avvolti tra le pagine della Gazzetta )

“Ecco, ora possiamo tornare e poi è mezzogiorno, è ora di mangiare”

(Che a mezzogiorno per ogni vecchietto romagnolo, e quindi anche per lui, è l’ora di sedersi a tavola)

“Ciao, più tardi mi metto al lavoro”

“Ciao Tonino”

“Guido, potresti venire a casa? Devo farti vedere una cosa...”

“Certo Tonino”

(Non erano passate che poche ore e Tonino aveva già fatto quel che doveva fare. Il disegno degli iris era pronto)

“Che dici Guido, ti piace?”

“Mio dio Tonino, è bellissimo!!!”

“Ti piace davvero?”

“Si, questi iris sembra che volino”

“Allora è tuo...”

“Ma...”

“Non è il tuo compleanno tra qualche giorno?”

(Certo era il suo compleanno, ma a Guido sembrava troppo. Per fortuna sapeva benissimo come sdebitarsi: bastava invitarlo a pranzo a Tonino, che la pasta e fagioli coi maltagliati che faceva sua moglie era il suo piatto preferito )

(Quindi iris volanti in cambio di pasta fagioli, non c’è che dire, uno scambio favoloso)

6)

La cosa che più affascina in Gottarelli è la compenetrazione tra poesia e pittura. A partire dai titoli dei quadri, a volte belli come i quadri stessi, fino ad arrivare ai suoi scritti, perfetto passepartout per cogliere il senso dell’opera pittorica.

Titoli come “Per far divertire gli occhi”, “L’orizzonte è un ricamo”, “Due segnali si fan compagnia”, “La neve chiama i colori”…

E frasi come:

“I miei quadri li ho trovati camminando”

“Un rametto esce distrattamente da un grosso pioppo e si gode il tremolio di poche foglie, più leggero di un sogno, più folle del vento”

“Il segnale stradale usciva dall’asfalto colorato come un cigno”

“La strada come causa, l’orizzonte come effetto”

Si, davvero quei titoli e quelle frasi di quei quadri dicono tutto. Ecco perché mi pare ottima la scelta dei curatori della mostra di alternare opere pittoriche e pannelli con su scritte le sue perle poetiche.

7)

E comunque…

Non bastassero le sue parole…

Ah, non bastassero, vi dico qualcosa io…

Come posso però,,,

Nella pittura di Gottarelli troviamo: una continua riflessione sulla natura, la totale assenza della figura umana, il dominio del paesaggio...una rappresentazione che rifiuta il sublime e incorpora, tecniche come il collage... la grande forza espressionista del colore…e, come diceva Guido, dei fiori che volano...

Da segnalare, come protagonisti inaspettati dei suoi paesaggi, l’asfalto di una curva, i pali della luce, i segnali stradali, (questi ultimi quasi un marchio di fabbrica)

E la finisco qui, non entro in un territorio non mio…

8)

(Un mio ricordo personale)

Una ventina di anni fa, più o meno quando mi capitò di scoprire le sue poesie, io e i miei amici facevamo una rivistina .

Folgorato da un suo testo sul turismo in centimetri presi coraggio e andai a casa sua per chiedere il permesso di pubblicarlo.

Fu molto gentile, sfogliò senza molto interesse un numero della nostra rivista, mi regalò alcuni suoi libri e accordò il suo permesso.

Sembrava stanco...e io non ricordo bene di cosa parlammo…

Una cosa però mi è rimasta: “Tanto il mondo non esiste”, mi disse…

Quella sua frase e il tono della sua voce mi fecero pensare a “L’albero di Antonia” e a Dito Storto, il filosofo...

9)

“L’albero di Antonia”

Una stanza piena di libri, dentro ci sono un vecchio dall’aria triste (Dito Storto) e una bambina. Scena successiva: la bambina e la madre a cavallo. La bambina, evidentemente influenzata dal vecchio, dice “non è strano che niente esista?” “Per questo ci sono tante cose” risponde la madre...

Non so, magari non c’entra niente , ma a me questo è venuto in mente…

E per me Gottarelli non è solo Dito Storto, per me é anche la madre.

Trallallà...

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