E via ancora una volta al tam tam mediatico.
Difficile non lasciarsi intrigare, infatti, da un ragazzetto che indossa copricapi dei più assurdi colori, al di là della musica che faccia. Ed è un peccato, perchè, come molti altri artisti giudicati per il loro essere "cool", Totally Enormous Extinct Dinosaurs ha talento e lo si sente. Lo si è sentito dalla miriade di singoli che sono stati pubblicati con una certa frequenza nel corso degli scorsi due anni e quasi tutti contenuti in questo album d'esordio, "Trouble", che a detta di molti sarebbe diventato la summa dell'elettronica del 2012. Uno dei dischi più attesi, di quelli che ti fanno strappare le mutande appena lo vedi esposto sullo scaffale di un negozio di dischi. Così weird, così cool, così terribilmente design.
"Trouble", purtroppo farà la fine di un disco da passare nei locali più trendy di Berlino o Milano, con la gente assuefatta dalle luci al neon intermittente, dai cocktail di colori diversi e appariscenti e dalle tonnellate di fumo, che riempiono l'ambiente soffocandolo. Ed è un peccato, perchè "Trouble" è un bel disco, sicuramente imperfetto, ma degno di più ascolti e capace di grandi pezzi (basti pensare alla bellissima "Household Goods" e alla sfrenata "Tapes & Money").
Quattordici i pezzi, dove tra la voce di lui perennemente annoiata, eppure ipnotica e trascinante, e quei beats a metà tra l'8-bit e l'elettronica caraibica, riesci a vedere i colori. Anche nei pezzi meno riusciti ("Trouble", "Shimmer"), sarai in grado di sentire mille cose e di vederle, come un'estate al suo culmine che dividerà tutti: alcuni sogneranno la spiaggia, altri passeranno il tempo a sperare nell'inverno.
Eccolo. Questo è il disco dell'estate. Lo infili e ti riempi di luce. Dimentichi, per una volta, tutto lo stato di culto che si è costruito intorno alla sua distribuzione, e ti lasci andare.
Che sia il duetto con una voce femminile altrettanto annoiata, ma non noiosa ("Garden") o la splendida canzone d'amore "You Need Me On My Own", che si bagna di 80's e occhieggia a Tiga, riuscendo a non essere banale. C'è anche qualcosa non va, qualche riempitivo, ma non importa, perchè lo strumentale "American Dream Part II" arriverà a sputarti in faccia, obbligandoti a ballare fino a spaccarti le ossa.
Un bel disco carico di tramonti ed esplosioni, di piccoli universi da dancefloor che, sicuramente, è troppo lungo (dopo un po' stanca), ma che riesce comunque a fare il suo sporco dovere: diverte, intrattiene e riesce a regalarti più di un bel pezzo.
Me lo ascolto mentre fuori c'è l'afa. Me lo ascolto mentre dovrei studiare, ma mi perdo via con il tempo che passa. Mi perdo via tra queste tessiture sonore e mi sento un po' cool anche io. Anzi, no. Però che bello ascoltare della musica allegra, ogni tanto.
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