Steve Lukather alla fine ha gettato la spugna, mettendo lo scorso anno la parola fine ai Toto: "Che senso ha andare avanti senza David (Paich, il tastierista e principale compositore, andatosene qualche anno fa) e senza nessuno dei fratelli Porcaro? (l'ultimo, il bassista Mike, si era da qualche tempo arreso ai suoi seri acciacchi fisici). Parole sante quelle rilasciate dal chitarrista e dunque massimo rispetto a gente che, ad onta delle superficiali definizioni di manica di prezzolati e di fighetti californiani ciclicamente incassate in carriera, ha mostrato sino alla fine tutta la propria onorevole etica, dopo averci dato dentro per trent'anni nella buona e nella cattiva sorte e tirato fuori le palle ad ogni concerto (chi li ha visti suonare lo sa, sul palco sono sempre stati una macchina da guerra, con un tiro pazzesco).
Questo che è il sesto album della formazione (anno 1986) è per certo anche uno di quelli meno in vista del repertorio... lo dimostra anche il fatto di essere l'unica loro opera non ancora trattata su questo annoso sito.
La banda è qui alle prese con un nuovo cantante, il terzo della serie. Quello storico, Bobby Kimball, era stato buttato fuori dopo la tournèe seguita al vendutissimo quarto album "IV": il successo gli aveva dato alla testa, beveva e sniffava troppo e aveva preso a cantar male. Tornerà nel 1998, ormai passati successo, sbornia e fattanza, per condividere l'ultima porzione di storia del gruppo.
Dopo la breve parentesi con Fergie Frederiksen dietro il microfono, durata lo spazio di un album e di una tournèe dato che, a quanto pare, anche senza alterarsi chimicamente l'uomo si era rivelato ancora più inaffidabile di Kimball, i Toto scelgono certo Joseph Williams, un musicista destinato per tutta la vita fare i conti coi ventun Grammy ed altri riscontri vari messi insieme da suo padre John, ossia l'uomo dietro le musiche di "Star Wars", "Indiana Jones", "Harry Potter", "Munich", "Lo Squalo" e tantissime altre.
Dopo la voce soul di Kimball e quella hard rock di Frederiksen, ecco allora il timbro AOR, alto e melodico, del bravo Williams, che in questo disco canta benino, ma assai meglio farà nel successivo "The Seventh" (molto più sostanzioso anche dal punto di vista del songwriting e per molti, me compreso, il migliore del gruppo). Comunque questo disco vede alternarsi ben quattro voci soliste, visto che la noiosa "Without Your Love" è cantata da Paich, l'acustica e delicata "Lea" è appannaggio del suo compositore il sintetista Steve Porcaro e infine la puntuale ballatona da classifica, che stavolta ha per titolo "I'll Be Over You", è tipico affare del chitarrista, che se la canta e se la suona alla grande, con tanto di assolone lancinante e strappacuore.
A proposito di Lukather, c'è qualcosa che non va nel suo, abitualmente sommo, lavoro allo strumento, che queste registrazioni colgono ostinarsi e sperimentare su di un timbro particolarmente risciacquato e filamentoso, proprio niente di che (lui stesso lo rinnegherà, in qualche modo, in interviste postume). Sempre impeccabile invece la macchina ritmica del grande e compianto Jeff Porcaro, batterista di classe immensa, capace in certi casi di "fare" un brano da solo, portando le orecchie dell'ascoltatore a dare retta ai suoi piatti e i suoi tamburi prima di tutto il resto.
Se non avete niente dei Toto (vergogna!) allora dirigetevi prioritariamente sul primo, omonimo album, sul secondo "Hydra", sul celebre "IV" o sul settimo "The Seventh One". Per gli appassionati del gruppo anche questo è, in ogni caso, un ottimo disco: di classe e di idee ve ne stanno a bizzeffe, latitano solo quel paio di brani epocali, necessari per renderlo indispensabile a chi gradisce il rock elegante e suonato strabene.Carico i commenti... con calma