Mi sembra doveroso premettere che nel recensire questa versione "alleggerita" di "No World Order" non mi preoccuperò di esprimermi su quanto, ed eventualmente in che cosa, i brani riproposti assomiglino o differiscano dalle versioni del disco dell'anno prima. Ciò poiché non trovo corretto (ed utile alla recensione stessa) fare rimandi ad un prodotto che ho semplicemente, con le parole e col voto, sconsigliato. Cercherò dunque di mantenermi in linea col progetto in esame, mantenendomi quanto più possibile "leggero" anch'io.

"No World Order Lite" è un lavoro sofisticatissimo, arzigogolato, ambizioso a quanto pare, ma pop. Il suo autore tocca l'industrial nella supersonica "Day Job" ed il dream pop nella conclusica "Fever Broke", ma ha un gusto ed una matrice tutti pop radiofonico, anche tradizionale. Cosicché la versione "Lite", nell'eterno gioco dell'uovo e della gallina, si potrebbe azzardare esser nata anche prima di quella "heavy", ma non m'è stato dato di sapere alcunché. Fatto sta che, una volta ricompattate, restaurate, ricomposte, rivedute, le canzoni di "No World Order Lite" scivolano tutte abbastanza fluide.

Preferisce ritornelli cantati e strofe rappate con uno stile che non ha pressoché attinenza alcuna col rap di quei tempi (da qui si potrebbe intuire che l'artista non sia un vero e proprio musicista elettronico, o uno di quei dj-santone puri), e che invece richiama quello, nelle metriche e negli approcci, degli anni '80. Nella musica, sembra affidarsi a certo soulpop per ricavarne black music ("Love Thing"), chill (la non eccezionale "Time Stood Still" e la buona "Proactivity") ed il dream pop della succitata "Fever Broke". Chill sono anche le strofe dell'iniziale "Worldwide Epiphany", esperimento riuscitissimo, intervallate dalle chitarrone di preludio e ritornelli. Solenne il rock con qualche effettuccio dei suoi, nella buona "Word Made Flesh".

Il brano migliore ritengo sia il rap di "Fascist Christ" che s'avvale d'un ritornello scazzato/urlato/tutt'altro che black, con solo troppi grugniti suini, mentre il peggiore, o più semplicemente il meno attuale, è proprio la titletrack, rap piuttosto impresentabile in cui, al posto dei maiali, una famigliola di delfini prova a scusarsi insistentemente (ma nella sua lingua) per la bruttezza di questa canzone.

Un lavoro dicevamo di pop music che magari in quegli anni era avanguardia purissima, e che ancora oggi avrebbe il suo perché, se non fosse che, per il maggiore impatto comunicativo o per gusto personale del suo artefice, si sia scelto di seguire la strada del rap piuttosto che della canzone. E certe cose invecchiano inevitabilmente prima e peggio di altre, non c'è che dire.

Elenco e tracce

01   Worldwide Epiphany (05:20)

02   Fever Broke (02:54)

03   Love Thing (03:44)

04   Property (04:14)

05   Day Job (03:12)

06   Fascist Christ (04:51)

07   No World Order (05:12)

08   Time Stood Still (03:12)

09   Proactivity (02:56)

10   Word Made Flesh (04:36)

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