"Un disco pretenzioso e fasullo che inscena un teatrino dell'orrido.." e ancora "Uno stucchevole karaoke di clichè anni '90 appiccicato a qualcuno di quei suoi rintocchi electro giovanilistici..".
Voto 0 - Christian Zingales - Blow Up, Rock e altre contaminazioni - n° 101 - Ott. 2006
Confesso chè dopo aver appreso pàpieristicamente cotante sferzanti, apparentemente inappellabili caustiche righe (re)censoree (che rispetto nella loro integrità, a scanso d'equivoci) dell'esimio C.Z., una "autorità" nel proprio ambito di critica appartenza, sentii, per converso, impellente la necessità di concedere non troppo fuggevole origliaptionem à cotanto (aqquantoparrebbe) muzaqalmente escatologico e totalmente detestabile opera di debutto del rampante Di-Gei Copenaghense (Anders) Trentemøller (adørø codesta ø mittleurøpea).
In prima istanza credo sia utile far presente la natura strutturale della presente prima opera sulla (davvero) oblunga distanza dello spettinato Anders, costituita, nella sua versione più congrua e materialmente allettante (quella presa in esame), da ben due circolari ciddìs: il primo dei due, il vero-e-proprio "Last Resort"-work (curioso chè un disco di debutto sia stato così intitolato), consta di thirteen consistenti [anche nella durata media di ciascun movimento] tracc(i)e per un compùto cronologico di settantasetteminutierottiseconds.
Il (Compay)Segundo dei dos manufatti contiene (assai generosamente), tra brani vari e remiscelamenti assortiti ulteriori onze tracks per una musico-temporalità attestantesi intorno ai septanta-Y-ses minutiprimi: essendo la algida aritmetica, nonostante le scolastiche apparenze, tutt'altro chè una sc(i)enza inesatta e/o misinterpretabile ci troviamo innanzi un corpulento musiko-kolosso composito da bén(Hur) venticinque (?) {trattasi di numero-fake: posto per testare il Vostro grado di attenzione/sopportazione} tracche-et-ballacche per un minutaggio globale decisamente ragguardevole: si sovrabbondano (più o meno) allegramente le due-orette-et-mezzo complessive.
Ora: è giammai plàusibile che uno dei producer più richiesti della scena pseudo-dance-alternativa del momento * con a disposizione ben centocinquantatreprimi+trentacinquesecondi di moderatamente presunte proto-moderne musiche assortite (trattasi di minimale, ipnotica, profonda, reiterata, semi-integralmente strumentale e episodicamente frastagliata deep-dub-electro-house-techno) non fornisca proprio alcunché da salvare e/o rimandare alla fallace memoria dei futuri posteri quale (perlomeno)apprezzabile traccia/testimonianza d'un corrente, fuggevole muzaq-frammento pseudo-contemporaneo ?
In toda franchetzia e seppur la fonte non sia tra le maggiormente autorevoli [la incerta/sfascievole perspectiva] sosterrei la percepita personale infondatezza di cotanta pesantemente critica anamnesi: la asciutta, digital-delicatezza sviscerata et intrinseca al crepuscolare frammento denominato "Moan", sia nella versione only-strumental ché, soprattutto, in quella gradevolmente vocalizzata da Mademoiselle Ane Trolle, lascia più che piacevolmente sorpresi; altresì la iniziale "Take Me Into Your Skin" (prescindendo dal bel titolo chè la contraddistingue) si lascia apprezzare in virtù d'un avvolgente, crescente, spiralizzato e concentrico ancorchè elementare electro-magma: niet di progressisticamente epocale, sia chiaro, ma tutt'altro chè bassamente disdicevole; da citare inoltre, nell'autentico mare-magnum apportato alla nostra digital-percezione, l'Underworldistico e atletico martello denominato "Into The Trees (Serenetti Part 3)" indi la umbratile piacevolezza contenuta nella felpata "Miss You" come in "Always Something Better" surtout in riferimento alla (delle tre proposte in palinsesto) 'Vocal Version' Featurizzata da tal Monsieur Richard Davis. Sussistono, inutile negarlo, in una tale-e-cospicua massa musicale, diversi frammenti non propriamente (con)vincenti se non concretamente trascurabili: le scolastiche dubbosità impresse in "Nightwalker" o la routinarietà dance-flooristica insita in "Killer Kat", "Prana" e nella insipida "Vamp", ma ciò non inficia così pesantemente sugli esiti episodicamente apprezzabili del congruo lavoro confezionato dal giovane danese.
Chiaro, per restare in ambiti espressivi semi-contigui, Tiefschwartz o gli stessi Silicone Soul hanno coniato di recente lavori di finitura e suono-consistenza decisamente più pregiata, ma un fùgace assaggio al "nostro" Trentemøller, surtout sé si mastica abitualmente sound-manicaretti (data la ingente corpulenza potremmo hablare di timballo) di siffatta techno-struttura, gliela si puòte pacificamente concedere.
* co-produttore con Angelo Badalamenti delle musiche dell'ultimo David Lynch (Inland Empire)
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Altre recensioni
Di Suonoonous
Il voler spaziare in tanti territori fa si che difatti la musica resti sostanzialmente algida, ghiacciata, fredda e frigorifera.
Non avere davanti l’immagine della copertina... vattene in Messico, capperi!!! Stiamo aspettando tutti un capolavoro...