Canti soavi si innalzano in un tributo verso una valle deserta, un tocco delicato di una chitarra che sfiora il manierismo, l'atmosfera è decadente per un Doom pesante come un macigno, rafforzato con dolcezza ed eleganza. Poi il buio. "Garden of Darkness" l'opera morta, così può essere definito l'ultimo capolavoro degli svedesi Tristitia, che grazie alla genialità e la sensibilità di artisti del calibro di Thomas Karlsson e Luis Galvez diventa tutto più facile. Virtuosismo compositivo, virtuosismo nell'esprimere emozioni intense, virtuosismo nella maestria di gestire sentimeti e passionalità nel rendere teatrale un'innata dote artistica. L'alchimia è fonte di ispirazione, una via desolata un'ultima spiaggia per raggiungere l'eterna condanna. Il concetto di esistenza, di disperazione traspare nell'album. Un senso di agonia, un'opera che tenta di far comprendere all'uomo l'oscurità che annebbia i cuori dell'umanità oramai turbati dall'infamia e dalla perfidia.
Anche Philip Ball nella sua biografia dedicata al misterioso "Theophrastus Bombast von Hohenheim" noto a tutti come Paracelso, nel suo "L'ultimo Alchimista" provò a ripercorrere la storia di un uomo sidicene, dottore in medicina e teologia fu uno scienziato errante. Non aveva paura di essere diverso, non desiderava essere potente e ricco. La sua ricchezza trovava luogo nella cultura, rivoluzionò le teorie miscelandole con pratiche occulte, calcò i sentieri di mezza Europa negli anni più irrequieti del rinascimento. Formulò una filosofia dell'universo elaborata ed eccentrica, in cui scienza e razionalismo non sarebbero stati più in conflitto con misticismo e superstizione. La gloria controversa di un uomo geniale che non esitò a valcare il precario confine tra antico e moderno, scienza e occulto, un'irrequieta sete di conoscenza.
"un umile sbruffone, un invincibile perdente, un pio eretico, un onesto ciarlatano, spinto da un amore profondo e da un odio sprezante, che pranzava con principi e dormiva nei fossi personificando e al contempo sfidando la follia del suo mondo"...
Si la follia che rende l'uomo debole che lo induce a peccare ad uccidere, rivelando il suo lato oscuro. Tale concetto scaturisce la prova lampante della fonte del disco in questione. "Il Giardino Dell'Oscurità" appunto. Otto patti, otto sigilli costituiscono i pilastri del lavoro svolto dagli svedesi Tristitia. La qualità del suono è unica, tecnica sopraffina, melodia e delicatezza al servizio dell'atrocità del Doom caratterizzato da un'impostazione ben accurata, dove ogni strumento viene distinto in maniera tale da essere presumibilmente fonte di angoscia. Dove il vero virtuosismo viene espresso sottoforma di chi lo strumento lo suona in maniera tale da comunicare emozioni attraverso la parola della musica, come mezzo per estasiare, esasperare, rendere felici, innamorarsi di ciò che ci circonda. "Beholders Tears" la prima tappa, il primo respiro intenso, la rappresentazione etera di quel Doom raffinato di cui i monumentali My Dying Bride sono stati dei maestri. Se invece questi ultimi erano molto più dolci nel suono, cioè rappresentavano la parte più romantica del genere, ecco che i Tristitia sono il lato più epico del Doom, l'utopia del dolore, la marcia arcana dell'ignoto, la decadenza, il manifestarsi di una vita resa schiava dalla tristezza. "As Death Says Mine" la vetta più alta, la classe sopraffina dei maestosi e lenti arpeggi,la cura della melodia è incredibile. Il vero genio della band sta proprio in questo, riuscire ad essere così delicati in un contesto simile, dove la voce di Karlsson è un tribudio al più catatonico e maestoso sintomo di black metal. L'armonia domina incessante nella goticità intrinseca dell'opera. Assoli di chitarra strazianti, lenti, riff e scale ritmiche messe a servizio della composizione. Un tocco eccezionale quello di Galvez sembra quasi sentire le trascrizioni di Bach per chitarra classica, davvero impressionante arrivare a toccare certe vette a quei livelli in un ambito come quello del metal. L'album si chiude con la splendida "Tears Of The Moon" un impatto mistico ripulito in tutte le sue sbavature, un cammino verso i meandri di un'irriducibile vita che sta per cessare.
Quel Doom gotico, quel Doom epico, quel Doom malinconico che ti entra dentro fino a renderti schiavo del suo dolore.
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