Pubblicare un disco ed essere ignorati può essere, al meno in campo metal, un vantaggio a livello di immagine (è quello che chiamano "essere alternativi"); scriverne uno eccezionale e rimanere sconosciuti può essere più doloroso; ma comporre un disco bellissimo, rimanere nell'ombra e vedere altre band trionfare grazie ad un sound identico è il colpo di grazia.

È questo quello che è capitato ai Troll, che nel 1996 fecero uscire "Drep De Kristne", il loro capolavoro, per poi finire nell'anonimato da cui era giunti. Non si tratta di un album ruvido e grezzo, penalizzato da una registrazione scadente, né di un prodotto commerciale, easy e stancante, e nemmeno di un pezzo per collezionisti, uscito di produzione dopo un paio di mesi: "Drep De Kristne" è un disco fantastico, suonato in modo impeccabile, arrangiato con perizia, e studiato per far breccia in un ambiente eterogeneo rispetto a quello underground. E allora perché non diventò un disco storico? Ebbe solamente la sfortuna di uscire in concomitanza con i due album più importanti di Black Sinfonico (Mainstream) che la storia ricordi: "Dusk… And Her Embrace" dei Cradle Of Filth e "Stormblast" dei Dimmu Borgir. I Troll rimasero schiacciati dagli eccessi coreografici vampireschi e simil-gotici di queste band, passando poi quasi inosservati.

Inutile dire che "Drep De Kristnie" si mangia a colazione i due rivali: dall'inizio alla fine un'ispirazione costante segna questo disco, assolutamente perfetto, a detta di quelli che lo apprezzarono il miglior esempio di Black Sinfonico insieme a "In The Nightside Eclipse" degli Emperor (di cui rappresenta la controparte melodica e gotica).

Bastano le prime note dell'iniziale "Kristenhat" per capire la differenza con le tonnellate di dischi moderni derivati da queste sonorità: mentre band che han costruito il loro successo con questo sotto-genere hanno relativamente messo il black in secondo piano, approfondendo l'effetto teatrale attraverso un gusto tastieristico sempre più da film horror, nei Troll c'è un perfetto bilanciamento tra le due anime. La base è quella di un roccioso black, stile norvegese ovviamente, veloce e basato sul classico stile compositivo "a monocordi"; su questa si appoggiano le partiture sinfoniche delle tastiere, che ricalcano di volta in volta un gusto folkloristico, teatrale, orrorifico e surreale. Il risultato è quello di un lavoro che sarebbe grandioso anche senza l'elemento sinfonico, ma che si sviluppa in soluzioni sempre diverse (ricordando in questo gli Emperor del periodo d'oro).

È bene approfondire questo aspetto: le composizioni si articolano secondo un incontro tra lato tastieristico e lato chitarristico sempre diverso e vario; si passa con tranquillità da capitoli interamente sinfonici (senza alcuna traccia di metal quindi), come "Med Vold Skal Takes Kristenliv" (basata su un'atmosfera molto-folk-oriented, con cori puliti alla Ulver) e la marcia trionfale "Gud's Fall" (interamente strumentale), ad episodi in cui le due componenti si uniscono tra loro. Anche in questo caso grande varietà, tra pezzi in cui parti di tastiera formano un tappeto per le chitarre, ed altri in cui le due anime si intrecciano, influenzandosi a vicenda in incastri epici e surreali (un po' come "Inno a Satana" degli Emperor).

Un dato finale che ho colto solo dopo avere ascoltato il disco, e che mi ha lasciato in "estasi": sapevo che dietro ai Troll si celasse la mente di Nagash (Stian Arnesen), noto poi per essere entrato come bassista nei Dimmu Borgir nel triennio 1996-1999 - da non confondere con Stian Aarstad, il tastierista - e come membro dei Kovenant (come Lex Icon); solamente non credevo potesse essere l'unico musicista ad avere registrato le parti per questo disco! Dalla sezione ritmica alle chitarre, passando per lo scream (da sentire, acuto e stridulo, simile a quello di Torog dei Behexen su Rituale Satanum), Nagash dimostra ampiamente di esser il miglior polistrumentista del panorama Black.

Il tutto a soli 18 anni, dimenticavo.

Fate voi.

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