"Black fucking metal" in tempi di decadenza
Nel cuore di Oslo, nel 1993, quando il black metal norvegese era nel pieno della sua deflagrazione mitica, nascono gli Tsjuder per mano di Nag (voce/basso) e Berserk (chitarra). Il progetto prende forma nel sottobosco delle demo tape e guadagna notorietà con l’ingresso di Draugluin, diventando un embrione dedito alla forma più intransigente e brutale della fiamma scandinava.
Tuttavia, Berserk lascia presto la band, prima della registrazione dell’album d’esordio, e la line-up si stabilizza con Nag, Draugluin, Arak Draconiiz alla chitarra e Anti-Christian alla batteria, con cui viene inciso "Kill for Satan", pubblicato nel gennaio del 2000 sotto l'egida della gloriosa Drakkar Productions.
Quando il disco esce, il mondo attorno è già cambiato. Il periodo d’oro del black metal norvegese è alle spalle: Burzum è fermo per via del carcere; Darkthrone, Immortal, Mayhem, Emperor, Satyricon, Ulver ed Enslaved hanno già scritto la storia tra il 1992 e il 1997. Le uscite rivoluzionarie e i capolavori si sono già sedimentati nella memoria dell’underground. In Svezia, Marduk, Setherial, Dark Funeral e Dissection hanno già forgiato l’altro volto del black europeo, più tecnico e a tratti più “lucido” nei suoni. In Finlandia, Impaled Nazarene e Beherit avevano fatto lo stesso in una direzione più intransigente, e alcune nuove formazioni della seconda generazione erano già sorte.
È una fase calante, segnata da derive sinfoniche, sperimentalismi e prime forme di contaminazione "mainstream". Ma è anche in questa fase, proprio nel 2000, che gli Tsjuder decidono di non voltarsi, di non "evolvere", e anzi di riaffermare – con odio e blasfemia – la purezza del verbo originario.
"Kill for Satan" è un disco ruvido, tagliente, maligno: un tributo senza compromessi alla tradizione più malvagia del black norvegese, con ritmi forsennati, riff scarni e un’estetica cruda, volutamente grezza, dove ogni forma di “modernità” è bandita. I brani sono diretti, concisi, imbevuti di spirito guerrafondaio, monocromatismo old school e quella gelida misantropia che aveva fatto grande la scena dieci anni prima. Non c'è spazio per l’introspezione né per l’avanguardia: solo odio, ghiaccio e fiamme infernali.
Tuttavia, la proposta monodirezionale – con forti radici in Immortal, Mayhem, Darkthrone e Ragnarok – del gruppo appare ispirata e per niente banale, integrando nel proprio sound una serie di articolazioni piuttosto tecniche che pescano – pur nell'aderenza alla fiamma nera – dal thrash e dal death metal (compreso qualche piccolo accenno di growl), vivacizzando e rendendo, per quanto possibile, ancora più distruttiva la loro musica (la batteria è un vero e proprio missile).
Indubbiamente, "Kill for Satan" è un album storicamente inutile, e ci presenta una band dallo stile già segnato – in quanto mai si evolveranno da questi cardini artistici – ma, oltre ad essere, insieme ai due successivi, uno dei migliori platter degli Tsjuder, è una delle forme di espressione più spontanee e violente che il black metal abbia mai conosciuto.
Elenco e tracce
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