Alzi la mano chi mi sa dire un gruppo famoso proveniente dalle isole Faroer. Non vedo molte mani alzate... Ok vi faccio un nome io allora, e chi non l'ha mai sentito è bene che se lo segni. La band è quella dei Tyr, è il disco che mi appresto a recensire è il terzo in studio (penultimo fino ad oggi) "Ragnarok".
Il genere proposto dai nostri è il viking metal, venato dalle più variegate sfumature. L'epicità generale e il tono sostenuto e guerrafondaio fanno pensare, appunto, all'epic metal, ma ci sono momenti in cui il ritmo rallenta così tanto da richiamare alla mente persino il doom più melodico. Al contempo però la tecnica dei nostri vichinghi è così elevata che spesso e volentieri ci deliziano con fraseggi e intermezzi assimilabili al progressive più manieristico se vogliamo, di sicuro di ottima fattura. Infine è molto forte la matrice folk, riscontrabile soprattutto nei testi (spesso trascrizioni di brani tradizionali) e nella scelta di usare non solo strumenti e melodie della terra natia, ma addirittura, in alcuni pezzi, la lingua: una scelta che premia di sicuro il prodotto.
L'album è, almeno in teoria, suddiviso in sedici tracce. Nella realtà però alcune di esse si rivelano solo brevi intermezzi, talvolta brevissimi attacchi strumentali di pregevolissima fattura, altre volte parentesi atmosferiche e dal sapore cinematografico, utili a immergere l'ascoltatore nell'atmosfera del disco. Il mood generale che si respira è, come già detto, battagliero e epico, ma a differenza del (pochissimo) epic che ho ascoltato, sembra quasi più che i nostri abbiano voluto tratteggiare i momenti di attesa tra una battaglia e l'altra, il ristoro, gli abbracci con gli affetti e con i propri compagni, il lutto e l'abbandono ai pensieri di morte e sull'aldilà, insomma, al prima e al dopo di una qualsivoglia battaglia.
Andando al cuore della questione (la descrizione dei brani): l'inizio è affidato, ovviamente, a "The Beginning", prima traccia strumentale di breve durata. Sin da essa sono percepibili le sensazioni di cui sopra: la calma e la sospensione temporale, la teatralità dei primi fraseggi, lascia subito spazio a un ottimo cambio di tempo apprezzabile per intensità e ritmo. La prima vera traccia è comunque "The Hammer Of Thor". Titolo un po' scontato a dire il vero, così come già sentito appare il ritornello. Nel mezzo però degli ottimi versi e tanta tecnica al servizio della musica. Il cantato, rigorosamente in pulito e vagamente malinconico, si intreccia a impavidi cori (che molto sospingono l'ascoltatore verso la dimensione folk del disco), la sezione ritmica è precisa e pulita, le chitarre sono un continuo ricamo d'oro su un antico manoscritto.
Veramente ben fatta è pure "Brother's Bane", più accessibile della traccia sopra menzionata per merito forse di un ritornello più d'impatto. Scorrendo velocemente il disco poi non si possono non apprezzare "The Ride To Hel", la cupa "Wings Of Time" (con cantato in due lingue), il suo opposto (in termini di ritmo) "The Hunt" e "Lord Of Lies", impreziosita sovente da break progressive (già apprezzati comunque anche nella seconda parte di "The Hunt").
Menzione d'onore per i pezzi in lingua originale, permeati da un certo alone malinconico e desolato. "Torsteins Kvaedi" è in questo senso il pezzo più intenso: lento, snervante, scandito da una chitarra arpeggiata e in seguito dalla batteria, unite insieme quasi come un cuore che pulsa velocemente al pensiero dello scontro imminente. Da segnalare su questa stessa linea pure la title track, per quanto mi riguarda la punta emotiva più alta del disco (eccezionale il ritornello e alcuni versi, dall'incedere superbo e orgoglioso).
Il mio giudizio su questo lavoro non può che essere entusiasta e positivo. I Tyr hanno dato nuova linfa a un genere con questo "Ragnarok", si sono distinti dalla massa con una proposta allo stesso tempo fresca e convenzionale, psicologica se vogliamo, per i motivi già spiegati. Non è il classico gruppo epico, oltre alla tecnica fine a se stessa c'è anche molta voglia di far conoscere la propria storia e cultura all'estero, un bersaglio a mio avviso centrato. Mi riprometto di percorrere, a ritroso, la loro discografia, per vedere se ci sono stati passi in avanti o se il livello è sempre stato questo, così come provvederò a ascoltare l'ultima loro release, "Land". Intanto affibbio a questo "Ragnarok" il massimo dei voti, e consiglio a tutti di dargli almeno un paio di ascolti prima di liquidarlo.
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