Da aver paura.

Entrati nello stadio prima dei modestissimi e normalmente inutili supporter, ci siamo immediatamente spaventati.

Una roba enorme, mai vista.

Da aspettarsi che ne uscissero Siloni o Klingon a flotte, per prendere ostaggi.

Il ragnone che ognuno conosce fa davvero impressione, visto dal vivo. Con le sue quattro gigantesche braccia, la sua punta alta come il terzo anello, e lo schermo circolare, che sale e scende, l'allunga e si restringe.

Pensavamo, anche dagli stessi U2, d'aver già visto davvero di tutto. Ma qui si è riusciti a rivoltare, riavvolgere ed elaborare un capolavoro architettonico-scenografico assoluto.

Una cosa nuova. E già di per sé merita una promozione.

Siamo in uno stadio, in piena economia di mercato, davanti alla rock band più importante del mondo insieme agli Stones, e non possiamo né dobbiamo fare gli schizzinosi.

Gli schizzinosi stiano a casa, e badino solo alla sostanza.

Noi badiamo anche alla forma, noi al ristorante assaporiamo ma giudichiamo anche la tovaglia ed il sottofondo musicale. Noi guardiamo l'astronave, ci rapiamo come bimbi, ci emozioniamo e godiamo.

Siam fatti così, e non potete volercene. Sappiamo che la musica è quella che fai su un palchetto con un solo faretto puntato (fidatevi: ne so qualcosa), ma è anche questo.

È spettacolo. È "divertire", nel senso puro ed etimologico del termine.

Qualsivoglia posizione "talebana" è ontologicamente sbagliata. Chi disprezza queste cose spesso nasconde una malcelata invidia, ed è spesso un musico di chiara fame, che schifa il mondo del successo solo perché quest'ultimo non s'è occupato di lui. Altri per principio non amano le astronavi che distraggono dalle sette note, altri ancora se ne battono e vogliono solo divertirsi, incuranti se ciò che hanno davanti son persone o sequenze, se è cioè gente che suona o che fa finta.

Gli U2 accontentano tutti i palati, ed in questo, anche in questo, sono tanto abili quanto furbi.

Se qualche sequenza nei cori c'è di sicuro (e anche sulla veridicità di qualche chitarrina di secondo piano non giurerei...) per il resto si suona, come sempre e meglio di sempre: Bono ha recuperato tutta o quasi la voce che aveva un tempo. Meno forte ma anche meno sguaiata, certamente più "tecnica" (canta più "di testa" rispetto al pesante cantare "di gola" degli eighties, ed ai furbissimi falsetti e ghirigori dei novanta...), mentre gli altri tre fanno il loro dovere con encomiabili precisione e professionalità.

La figlia di Bono si prende uno champagne e una Party Girl dal palco che ci si augura che sappia apprezzare tutta la vita.

Il pubblico è sempre più rapito e stupito. E coinvolto.

E c'è tutto ciò che ci si aspetta. La battaglia civile, l'appello inutile a Berlusconi (loro, poveri stranieri, non sanno che il nostro amato nanetto se la sfanga come sempre con un sorriso, una pacca sulla spalla, per poi non fare un sontuoso cazzo). C'è il momento intimo ed il momento dance.

Tutto previsto, ma oltre il previsto. Difficile immaginare un passo ulteriormente avanti (il prossimo palco, di fatto, dovrebbe essere più grande dello stadio, temo...).

E comunque il "divertere", quella via di mezzo tra la traduzione incompleta del "divertire" e il forse più giusto "distrarre", è perfezionato nella maniera più assoluta.

Si torna a casa contenti, sentita la più grande gioiosa macchina da musica attualmente sul mercato.

Sapendo che il rock è stato molto altro, nel passato, e forse anche molto meglio.

Ma sapendo che oggi è anche questo.

E , ammettiamolo, anche molto, ma molto di peggio.

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