Gli Underworld, alias Karl Hyde, Rick Smith e Darren Emerson, sono il gruppo che più di tutti, nell'ultimo decennio del secolo appena trascorso, ha rivoluzionato il concetto di "club culture", segnando profondamente l'evoluzione delle moderne sonorità elettroniche "da ballo".
Già membri del gruppo synth-pop dei Freur, Hyde e Smith adottano, nella prima metà degli anni '90, il giovanissimo DJ londinese Darren Emerson, dando vita al progetto Underworld.

In un Inghilterra sconvolta dal fenomeno dei rave, i tre pubblicano, a distanza di soli due anni, "Dubnobasswithmyheadman" e "Second Toughest In The Infants", due album straordinari che li proiettano nell'olimpo della techno e dell'elettronica da club. L'epica "Born Slippy", contenuta nella colonna sonora del cult-movie "Trainspotting", rafforza ulteriormente la loro fama, oltre ad essere, tutt'ora, il loro brano più conosciuto e ballato. Ma il meglio doveva ancora venire: bastava attendere, infatti, il 1998, e l'uscita di "Beaucoup Fish", unanimamente riconosciuto come il loro più grande capolavoro, una vera Bibbia per il moderno raver, un album affascinante che non finisce di sorprendere ad ogni ascolto.
Nelle undici tracce di "Beaucoup Fish" gli Underworld definiscono ulteriormente il loro sound, realizzando un monolite di settantaquattro minuti di grande musica, dove Techno, Hardcore e Trance si fondono in un unicum pregevole e dalle mille sfaccettature.
L'iniziale "Cups" apre le danze, e ci si trova quasi catapultati in un fumoso locale della Londra più underground, tra atmosfere soffuse e acidi deliri tastieristici. La successiva e famosissima "Push Upstairs" comincia a scaldare le casse, lo scarno loop di pianoforte e la voce lisergica e distante di Karl Hyde vanno di pari passo, fino a sfociare nell'Acid-Techno più ossessiva. Da applausi. I suoni morbidi ed ambientali della splendida "Jumbo" fanno quasi sollevare in volo l'ascoltatore sulle mille luci notturne della metropoli, ma l'Hardcore-Trance di "Shudder/King Of Snake" è lì dietro l'angolo, pronta a sconvolgerlo e a proiettarlo, lentamente, nel baratro.
Si potrebbe menzionare ogni minimo sussulto del disco, ogni fruscio impercettibile, dalla malinconica ballata "Skym" al funk sghembo di "Bruce Lee", passando per la disarmante calma di "Push Downstairs" e la bellezza di "Something Like A Mama", con i suoi battiti sincopati, fino ai ritmi frenetici di "Kittens" e della conclusiva "Moaner", manifesto di una tribù che balla (jovanottianamente parlando) e per nulla intenzionata a smettere.

Gli Underworld, in definitiva, colpiscono a segno, e danno l'addio al ventesimo secolo con un album incredibile e dall'intensità unica, un'intensità che il successivo "A Hunderd Days Off" non riuscirà per nulla a ripetere, sancendo, invece, l'inizio del declino del gruppo inglese, ridotto a duo dopo l'addio di Darren Emerson. Tuttavia, "Beaucoup Fish" restà lì, intoccabile, superbo manifesto di una generazione che, forse, già non c'è più, nonchè sintesi perfetta di una decade di elettronica che molti faticheranno a dimenticare. Impareggiabile.

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