Ne Il giuramento il nostro percorre la guerra di Troia, personalizzande l'Iliade, ora salta sulle righe dell'Odissea.
Il personaggio, peraltro ben curato, esprime le fobie e le passioni in più parti, dagli accoppiamenti con dee e ninfe ai rifiuti per "timore" verso altre compagne. Kirke, Nausicaa, figure femminili estremamente curate nella descrizione, Atena, conduttrice che ricorda il mito della Nike, la parte della dea dedicata alla vittoria, nel racconto trova spazio anche una raffigurazione del tempio e del simulacro.

Odisseo, colui che è odiato, trova giustificazioni nel suo errare per lo sgarbo fatto a Poseidone nell'accecare il ciclope Polifemo, trova altre conferme nella sua visita all'Hades dove incontra Tiresia, il cieco che tutto vede.

Molto accurata la descrizione delle pire e dei sacrifici, tolgono al misticismo che avvolge lo stile ionico quella polvere inutile che, in molti testi scolastici, viene somministrata ad allievi poco attenti.

Le figure dei padri, dei figli, si trovano in situazioni in cui lo specchio parrebbe dire "io sono te", ma vengono distinti ruoli e responsabilità, ho trovato delicato il rapporto tra potere e responsabilità, specialmente nel passaggio in cui gli uomini affamati cedono all'istinto e mangiano i capi del dio sole.

Da assaporare sino alla fine, wanax, il re, resta personaggio principale, ma Nestore, gli altri consiglieri, ricavano all'interno della narrazione una dignità che difficilmente viene data ai comprimari, meraviglioso infine l'omaggio al porcaro e la conclusione della tela di Penelope, vivamente consigliato da assaporare col tempo necessario alla riflessione su quanto accade in scena.

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