E se potessimo usare bella musica al veglione di fine anno? Eh, magari! Sto delirando? Non ho nemmeno cominciato e già vado per la tangente? No, è che quando metti su questo dischetto e senti "Mansard Roof" con quell'organetto sfrontato, ecco... è impossibile se non si è da soli che non parta il più classico dei trenini, tutti felici ed inebetiti. E' assolutamente impossibile. Poi ti soffermi un attimo sui testi e non sono mica tanto banali come potresti supporre, così un pensierino quasi quasi ce lo fai...   Questo disco è la cosa più fresca che abbia ascoltato in questi ultimi tempi per me molto avari di cose belle da sentire: praticamente fonde ritmi africaneggianti con sonorità indie (retrogusto art-pop), creando un lavoro estremamente fruibile e, questo il bello, arioso, ballabile, leggero, intenso. Roba da prendere al volo la maglietta a righine da indie kid!   E' un album tutto basato su pezzi sostenuti, ma non sparato, di quelli insomma che non puoi stare lì ad ascoltare senza muovere una parte del tuo corpo seguendo il tempo, ma che puoi mettere in sottofondo. L'uso delle chitarre non è invasivo, tengono più banco le percussioni, il basso e le tastiere.   Praticamente tutti i pezzi sono buoni, con una scrittura magari un pochettino troppo lineare, ma di una fruibilità eccellente: al primo ascolto vanno dritti al cuore ed ai successivi non stancano, anzi. Ad esempio un pezzo come "A-Punk", sorta di ska africano, non so quanti secondi ci vogliano per non farvi scattare su a saltellare, qualsiasi cosa stiate facendo in quel momento.   Ho detto del retrogusto africano dei pezzi che in "Cape Cod Kwassa Kwassa" è assolutamente evidente: una base percussiva che più afro di così non c'è con questa vocina querula tanto indie, dove la trovate di questi tempi?   Basterebbero i tre pezzi che ho citato, posti in apertura del disco, per darvi una idea giusta di cosa aspettarsi, ma i nostri ci stupiscono con una "I Stand Corrected" completamente altra da tutto quanto proposto fino ad allora e che con quelle frequenze basse, quel tappeto di tastiere, i violini, spande una mistura new wave che mi ricorda i Siouxsie And The Banshees più pop.   Non sarebbe giusto non citare anche la particolare "One (Blake's Got A New Face)" , per la quale correreste a mettervi un po' di cromatina marrone sul viso per poter fare il coretto tra le strofe, sicuro.   Non so cosa mangino i giovani dalle parti di New York, ma sti quattro sbarbatelli hanno fatto davvero centro. Non un disco epocale, ma un grande album di debutto, se non si perdono per strada, ne sentiremo davvero (ancor più) delle belle.

 

PS: Questa recensione è dedicata a tutti gli uomini e donne che col loro agire hanno fatto sì che per me la primavera sia la stagione più deprimente. Voi a pomiciare ed io a bocca asciutta: mi avete rotto!!!

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