CORRUPTION OF INNOCENCE (1987, DURIUM)
Sintesi emblematica del desiderio di rinnovamento nel sound e di un progressivo accostamento alle melodie esplosive del rock statunitense degli anni ‘80, “Corruption of Innocence” rappresenta un ponte ideale fra le sonorità rigorosamente ancorate ai seventies, espresse in maniera più o meno significativa in tutti i precedenti lavori e le future divagazioni a stelle e strisce di “Seventheaven”.

Come accade per ogni album di transizione, in questo episodio riscontriamo tutti i pregi ed i difetti di un’opera destinata ad assumere, col senno di poi, certe caratteristiche. La produzione del disco è affidata al celebre Jim Faraci, producer di grido e magico demiurgo del dinamico sound contenuto nei multi–platinati LP dei Ratt, nonché presenza fondamentale dietro la consolle di Poison e Guns N’ Roses. Tuttavia, pur riuscendo nell’ intento di avvicinare la resa sonora del disco ai canoni del periodo, l’operato di Faraci presenta alcune pecche, soprattutto negli episodi maggiormente accostabili al versante melodic/A.O.R., dove si fatica ad evadere dai clichés del genere.

Il meccanismo che dovrebbe far esplodere i cori in tutta la loro potenza è ancora in fase di perfezionamento ed, eccetto alcune occasioni, il lavoro di Faraci, seppur di ottimo livello, non si dimostra all’ altezza della sua fama mondiale. Nonostante ciò, la produzione appare sicuramente più limpida e sgargiante rispetto ai precedenti lavori, dove si riscontrava ancora un suono molto legato alla tradizione dei seventies.

Welcome to the room of innocence and corruption… ” è la frase che introduce quest’opera e subito ci porta alla mente l’uso che i Ratt hanno destinato alle voci filtrate nel loro secondo disco multi platino “Invasion of Your Privacy” (1985); il primo brano, “Backbone of Society” si apre con un’intro fragorosa, votata allo shock rock americano più spettacolare. Con grande abilità i Vanadium uniscono le loro prime influenze al sound potente ed elegante di Dokken e White Lion, innescando una miccia che non tarda ad esplodere nella successiva song “Down‘n’Out (Broken Inside)", un pezzo al tritolo caratterizzato da un bellissimo assolo centrale di Tessarin, oltre che da una sezione ritmica incalzante. “… I won’ t to sell my soul to be on top – a rock n’ roll star…” canta Pino Scotto in questa traccia dal sapore autobiografico, che fotografa alla perfezione l’attitudine del quintetto meneghino, esempio di classe ed umiltà. Si passa a “Gimme So Much”, traccia compatta su cui aleggia nuovamente l’ombra dei Ratt e si giunge a “Corrupted Innocence”, song con grandi variazioni di tempo dedicata ad un amico tragicamente scomparso. L’argomento molto toccante affrontato dai Vanadium ribadisce il loro attaccamento alle vicende della vita reale e la loro invidiabile capacità di raccontare storie autentiche con grande sincerità. E’ il turno di “Winds of Destruction”, canzone che incarna alla perfezione quanto detto in apertura: un ottimo guitar–solo centrale ed uno splendido uso del basso in chiusura non sono sufficienti ad esaltare questa traccia, che resta inevitabilmente penalizzata da una produzione che non cattura la profondità del coro e ne ammorbidisce l’effetto, con il risultato di far sembrare le voci estremamente distanti.
Alla storia di sangue e violenza narrata in “Winds of Destruction” segue la formidabile “Talk of The Town”, tanto energica e scoppiettante in apertura, quanto distruttiva nel suo evolversi, sorella ideale di molte song partorite da W.A.S.P. e Twisted Sister. A spezzare la tensione arriva la magnifica ballad “Images”, caratterizzata da un gusto melodico tipicamente anni ’80, affiancabile ai Def Leppard di “Hysteria” ed introdotta da un arpeggio morbido e delicato. Sfuggendo ai canoni della semplice love song, i Vanadium sfornano un autentico atto d’amore per la Dea Musica, esplicitato in versi come “…Living music just like love… ” o “…Music – deep inside you – giving me all I need to go on… ” . Le voci in chiusura, ancora una volta, risultano un riferimento ai già citati Ratt ed, in particolare, al loro singolo “Lay it down”. Il ritmo cambia di nuovo repentinamente con “Dangerous Game”, pezzo in cui si rintracciano l’ennesimo guitar–solo coinvolgente, davvero molto tecnico e veloce, accompagnato dal perfetto complemento delle keyboards di Zanolini ed un break centrale che rompe la tensione con un effetto rivitalizzante. Il tema affrontato è tipico dell’hard rock, quello della donna fatale, destinata, stavolta, a subire una vendetta singolare.
L’album si chiude con “Over the Limit” , pezzo notevole in cui, però, il coro non riesce ad esplodere: la band si avvale, comunque, di un grande apporto delle tastiere che colorano il sound di questa ottima song in bilico fra i Dokken di “Tooth and Nail” ed i Vyper di “Prepared to Strike”.
Alcuni cedimenti nei chorus, ad ogni modo, non riescono ad offuscare il valore dei pezzi contenuti in questo “Corruption of Innocence”, disco compatto e potente, degno esempio di hard rock anni ’80.

Un’energia fresca ed immediata ed una grande capacità di creare riff solidi ma al tempo stesso armoniosi rendono questo disco un prodotto di primo livello.
In definitiva, questo album rappresenta un eccellente esempio del dinamismo dei Vanadium ed è particolarmente indicato agli amanti del glam/A.O.R., dello street metal, oltre che del guitar–driven rock'n’roll, a cui risulterà impossibile non apprezzare le doti tecniche ed l’innegabile gusto per la melodia del gruppo milanese.
(Enrico Rosticci)

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