“Direct” è un disco molto particolare nella discografia di Vangelis, quasi un unicum, molto distante dalle atmosfere tipiche dell’artista ellenico. Coincide anche con l’inizio di una nuova fase della sua carriera: dopo aver lavorato per più di dieci anni nei suoi Nemo Studios londinesi, Vangelis decide di tornare in Grecia e, per l’occasione, si rinnova, fabbricandosi un nuovo impianto musicale all’avanguardia, contenente, per l’appunto, il “Direct Sequencer”. L’album che ne viene fuori è sorprendentemente solare, all’insegna dell’ottimismo, grazie a sintetizzatori dal suono estremamente naturale e “vivo”.

Complessivamente il disco si può definire sinfonico, caratterizzato da melodie classicheggianti molto accessibili. Gli elementi elettronici non mancano, ma sono lontanissimi dallo stile malinconico e solenne dei suoi lavori più famosi; al contrario, si possono assimilare alle tendenze pop anni ‘80. Il risultato è quindi una miscela singolarissima di violini, organi, flauti, chitarre elettriche e drum machine (tutto rigorosamente suonato al sintetizzatore). A differenza della maggior parte degli album di Vangelis, ogni brano è pianificato e strutturato, con pochissimo spazio lasciato all’improvvisazione.

“The Motion of Stars”, la prima traccia, fa però eccezione. Risulta senz’altro la più simile ai lavori classici di Vangelis: priva di una melodia centrale, alterna crescendi e diminuendi, riuscendo a creare efficacemente un’atmosfera spaziale.

La successiva “The Will of the Wind” è uno dei momenti più riusciti dell’album, in cui, su un ritmo scandito dalla batteria elettronica, si alternano un flauto di bamboo e una chitarra elettrica, creando una melodia che potrebbe funzionare come canzone pop. L’apice del disco viene però raggiunto nella traccia seguente, “Metallic Rain”, dove un soave e “fragile” flauto è contrastato dalla tempestosa rabbia della chitarra elettrica.

Purtroppo dopo questo inizio promettente Vangelis rallenta un po’ coi capolavori e i prossimi brani, seppure non orribili, si rivelano abbastanza soporiferi. “Elsewhere”, “The Oracle of Apollo” e “First Approch” sono melodie dolci e calmissime, che anticipano il sound più pacato del Vangelis anni ’90.

In “Glorianna” (inno alla donna) un soprano canta sulle note del sintetizzatore di Vangelis, ma senza particolari guizzi. Anche in “Dial Out” si tenta una commistione tra elettronica e classica: basso e batteria vengono accompagnati da un coro (sintetico) per poi essere interrotti nella parte centrale del brano da un inserto classico su organo. Parzialmente riuscito.

“Rotation’s Logic” e “Ave” hanno melodie orecchiabili da canzone pop, arrangiate entrambe in maniera singolare. Specialmente la prima si fa ricordare per le sue sonorità molto goffe.

Fortunatamente Vangelis si riprende per il (doppio) finale. Una peculiarità dell’album è stata la sua duplice uscita su vinile e CD, caratterizzati da tracklist differenti. Per invogliare la gente a compare sul nuovo supporto più capiente, due tracce risultano esclusive della seconda versione: “Dial Out” e “Intergalactic Radio Station”. Quest’ultima è inserita in posizione finale nell’edizione digitale, mentre in quella analogica è “Message” a concludere il disco.

“Message” (da non confondere con “Messages” di “Voices”!) è la composizione più “classica” dell’album (solo la sezione ritmica è elettronica). Una musica d’organo solenne e suggestiva, aperta e chiusa dal “messaggio” in questione: vocalizzi senza senso di un bambino innocente (in realtà lo stesso Vangelis che modifica la propria voce).

Di rimando “Intergalactic Radio Station” è il pezzo rock/elettronico più interessante del disco. Il motivo di base si arricchisce gradualmente con nuovi strumenti per i quasi otto minuti di durata, fino ad arrivare all’ironica narrazione finale.

In conclusione, “Direct” di Vangelis non è certo un capolavoro senza macchia. Purtroppo l’eccessivo numero di brani (per più di un’ora di durata) incide negativamente sulla qualità complessiva. Tuttavia, non si può neppure liquidare come un disco dimenticabile. Quei cinque/sei brani riusciti ci sono, e solo per quelli merita di essere recuperato.

Questo stile ibrido tra musica classica ed elettronica tendente al rock verrà presto accantonato da Vangelis (a parte qualche episodio in “Page of Life”), a favore di un sound più meditativo e sognante in dischi come “Voices” e “Oceanic” e per poi abbracciare in toto il genere classico in lavori quali “El Greco” e “Mythodea”.

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