"L'apocalypse des animaux" di Vangelis è una di quelle colonne sonore che ha il pregio enorme di poter vivere di vita propria anche senza le immagini del film e, al limite, di invogliare chi non lo ha visto a vederlo.
Mirabili equilibri compositivi percorrono i brani di questo album pubblicato nel 1973 e realizzato da un Vangelis in stato di grazia come commento sonoro alla pellicola omonima del grande Frederic Rossif. Evocativo come non mai, capace di suscitare emozioni intense con uno spettro di stati d'animo immenso, questo lavoro è sicuramente uno dei vertici dell'arte musicale del greco e precorre le caratteristiche della new age vera e propria decretandone anticipatamente un'ideale fine.
I sette pezzi contenuti nella versione originale del disco, infatti, hanno sonorità e ritmi che sono un tutt'uno con la natura a cui si ispirano; e restituiscono un senso arcano di intima comunione tra i misteri silenziosi della Terra con le creature che la popolano (uomo/ascoltatore compreso). Antesignano della new age dunque, non tanto per le motivazioni che vari anni dopo determinarono il boom - spesso speculativo - di quel sound, quanto per la spinta intellettuale verso un mondo che la musica tenta di celebrare senza scardinarne l'ordine. E là dove la new age ha avuto la pretesa di manipolare uno o più generi musicali esprimere un futuro evolutivo migliore visto da una prospettiva umana, un'opera come questa di Vangelis ha semplicemente tradotto in musica le empatie che l'uomo ha di fronte ad altre creature e agli orizzonti terrestri.
Dopo l'incipit della titletrack, che suona tutto sommato gioviale e quasi etnica (diremmo oggi), si comincia un'immersione totale nella commozione inalienabile. "La petit fille de la mer", splendido carillon sommesso e cristallino che fa volteggiare sulle increspature delle onde, sospesi nel tempo tra ricordi e sogni prenatali; "La singe bleu", con il suo alternarsi di spazi vuoti e pieni, una tromba solista che accarezza il jazz senza mai scomporsi e scomporci; "La mort du loup", che va a toccare le corde più profonde della nostra sensibilità con un inno al dolore di una perfezione gigantesca; "L'ours musicien", brevissima danza a metà tra il circense e il favolistico. E poi ancora i due lunghi brani dedicati agli elementi e alle visioni più impersonali del pianeta e del suo cuore antico pulsante, dove il suono si fa più magmatico e sperimentale, arrivando alle soglie della musica classica contemporanea.
Indubbiamente non bastano le parole a descrivere la potenza evocativa di questi pezzi in termini strettamente visuali, perchè quando si tratta della morte del lupo o della scimmia blu, l'ascolto della musica sembra davvero far materializzare davanti ai nostri occhi gli animali che vivono il proprio momento, spensierato o drammatico che sia, con tutte le sfumature emotive e ambientali di contorno.
Un grande album di musica strumentale, un grande exploit intimistico di Vangelis.
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