Introduzione: questa recensione non dovrebbe avere solo la mia firma. E' frutto di un lavoro a quattro mani, oltre al sottoscritto c'è l'approfondimento di Filippo Campolo. Carissimo amico e utente di Debaser al quale ho chiesto la sua competenza su questioni tecniche e sulla conoscenza che ha della Storia del Festival. Un lavoro così approfondito meritava un sostegno e una collaborazione logica e necessaria; dialogo che si è svolto a 1000 Km di distanza (Brescia-Reggio Calabria), qualcosa di particolare e piacevole. Ora possiamo passare alla domanda chiave: perché guardar Sanremo? Ha senso oggigiorno? Ebbene sì, nonostante i flop recenti di Baudo, l'assenza del Dopofestival (rimpiangiamo Elio, si è rifatto dalla Dandini) e tante altre cose che avevano fatto storcere il naso.

Parliamo di una manifestazione storica della Canzone Italiana, la quale ha sempre elementi di fascino e d'interesse e resta, nonostante tutto, uno specchio del nostro paese. Come al solito ci si è avvicinati con forti polemiche, normalissime e fisiologiche, e tanti dubbi che attanagliavano critica ed appassionati i quali alla fine non hanno resistito e hanno scelto di goderselo, chi con Bonolis, chi con la Gialappa's. Uno sguardo tecnico prima di tutto. Iniziata la trasmissione in stereofonia e partita la sigla dell'eurovisione, subito abbiamo notato una cosa piacevole: finalmente la Rai trasmette in 16/9 nativi (e ci voleva proprio per il Festival). La fotografia era a dir poco stupenda, complice la scenografia di Gaetano Castelli che, sarà forse stato per la presenza di Bonolis, ci è sembrata molto più bella di quelle delle passate edizioni. La telecamera planava sul palco diretta dalla regia di Stefano Vicario ed è sembrato che non abbiano proprio badato a spese nonostante il clima di crisi che aleggiava in questo periodo storico. L'orchestra diretta dal Maestro Bruno Santori è quest'anno stata ubicata in due buche sotto il palco, scelta perfetta acusticamente ed esteticamente; spesso e volentieri i Maestri sono stati coinvolti in stacchetti musicali che ci hanno fatto molto piacere, e che hanno mostrato a tutti la professionalità che possiedono questi musicisti e la preparazione dei fonici della Rai. L'audio è stato particolarmente curato ed ascoltando la trasmissione con un impianto stereo si è potuto apprezzare la buona dinamica e l'ancor migliore missaggio operato dai tecnici del suono. La musica prima di tutto (Bonolis lo ha ripetuto spesso) e in effetti non si è mai sentito un suono così buono in un programma prodotto dalla Rai. Dicevamo della regia. 8 telecamere pilotate da Stefano Vicario che si muovevano sinuosamente sul palco, inquadrando spesso l'orchestra (soffermandosi spesso sull'ottimo Maurizio Dei Lazzaretti, un uomo che mostrava tutta la sua gioia mentre suonava buttando la coda dell'occhio sullo spartito della batteria, contando a voce le battute), che nelle passate edizioni sembrava praticamente inesistente. Qualche stonatura ogni tanto con telecamere che entravano in inquadratura, o ombre minacciose durante le inquadrature della steadycam ma in fondo ci stavano bene.

Quest'anno il motto è stato naturalezza e semplicità, simpatia e leggerezza. In fondo il festival deve svecchiarsi e non per forza deve diventare trash per farlo. Bonolis è stato pagato un milione di euro. Ebbene, il milione di euro meglio speso dell'ultimo anno televisivo. Paolo ha capito che il festival era lento e monotono, andava velocizzato e impreziosito. Carini i siparietti messi in scena col compagno di sempre Luca Laurenti, che ci ha deliziato ogni sera scendendo la famosa scalinata accompagnato dall'orchestra. Persino Lucio Dalla gli ha fatto i complimenti. Viene da chiedersi come quella voce squittante possa cantare senza problemi pezzi di Sinatra. Gli invitati sono stati ben scelti quest'anno. Basta coi soliti super ospiti stranieri che rubano spazio alle canzoni per esibirsi in interviste di dubbio gusto. C'è stato spazio anche per loro ma non è stato artificioso come in passato. I protagonisti sono stati i cantanti nelle due serate dedicate ai duetti. I Grandi che hanno accompagnato le nuove proposte li abbiamo veramente apprezzati, ed abbiamo ringraziato Bonolis per averceli portati. Di questo parleremo dopo. Tra gli ospiti sono spiccati parecchio Roberto Benigni (avrà avuto carta bianca? Mah...) e Annie Lennox nella serata finale, che ci ha donato una bellissima versione unplugged del suo famosissimo "Why" (e non è la sua prima volta a Sanremo. Ci è stata nel '92 ed anche quella sera ha cantato "Why", seppur in playback). Bonolis ha spesso sottolineato la voglia di dire basta al clima di austerità che è proprio del Festival, chiamando il pubblico dell'Ariston a interagire con lui, e scimmiottando volentieri i direttori d'orchestra (ma che gli ha fatto Fio Zanotti? Ogni volta che quest'ultimo si accingeva a dirigere si beccava le risatine di Paolo: grandissimi. Per non parlare di Massimo Morini, Capitan Basilico dei Buio Pesto). Siamo con lui, la musica dev'essere gioia, e Baudo ha fallito perchè se ne è dimenticato. O forse perchè il vizio gli è rimasto: sono finiti i tempi in cui una volta esibito il cantante doveva essere portato via dal palco immediatamente, quasi con la forza.

Il bello è che non si è mai scesi nella volgarità. Bonolis ha sempre saputo cavarsela, anche quando sono partiti i fischi diretti a Franco Grillini (presidente nazionale di Arcigay), in disappunto con il testo di Povia. Se c'è da criticare qualcosa, di sicuro non è la produzione: ci è piaciuta, e speriamo che migliori ancora. Speriamo anche che la De Filippi non metta più piede in Rai. Infine una domanda: Kevin Spacey cosa è venuto a fare? Almeno con Hugh Hefner ci siamo rifatti gli occhi: grazie conigliette! L'ultima frase ci offre un assist per un piccolo intermezzo sulla presenza femminile a Sanremo. Urge, anche qui, un sano voto alla gnocca e mi permetto una riflessione. E' vero che ci sono state tre vallette, le playmate e tante donne nelle giovani proposte ma queste persone saranno ancora bone a 60 anni? Credo di no. Allora urge un omaggio a Patty Pravo che si può permettere di essere "trasparente" e di farlo con una classe ed una bellezza che le scosciate di oggi si sognano; trent'anni faceva i subliminali di Stryx, nuda e piatta (chi lo farebbe oggi? Ormai le donne si apprezzano solo dalla terza abbondante in sù), ma cantava da Dio ed era di una bellezza sopraffina. Una come Nicoletta è semplicemente fuori concorso. Il premio va a Dolcenera.

Passiamo al punto focale del Festival: le canzoni. Ci sembra giusto analizzare uno per uno, big e giovani. Partiamo da quelli "importanti", le valutazioni da fare sono parecchie. Si vedono tante "glorie" (Leali, Albano, Zanicchi), ritorni interessanti (Dolcenera, Masini, Povia, Tricarico) e sfide particolari (Nicky Nicolai, Afterhours); un programma ricco che ha lasciato tanta carne al fuoco Sal da Vinci: neomelodico con testo di Gigi D'Alessio. Sulla qualità della canzone non c'è altro da dire. Albano: il suo brano è qualcosa di già sentito, tipica per il repertorio del "re" di Cellino San Marco. Obiettivamente il tempo passa anche per lui e non risulta essere più proponibile. Fausto Leali: l'idea del testo in sé non era brutta però la prestazione non è decisamente all'altezza. Stesso problema di Albano: l'età. Francesco Renga: l'ex front-man dei Timoria dopo il successo con "Angelo" prova ad omaggiare i tenori e ad avvicinarsi alla categoria (vedi duetto con Daniela Dessì), il risultato non è dei migliori. Tricarico: la delusione del Festival. Dopo la splendida "Vita Tranquilla" ci riprova con "Il Bosco delle Fragole". Stavolta è un fallimento. Marco Masini: canta il nostro paese e la critica per stroncarlo si appende a Zoff. Un attimo ridicolo. Testo arrabbiato e una bella interpretazione, tra le sorprese migliori. Gemelli Diversi: una sfida particolare, la loro. Dopo tanti anni vanno sul palco dell'Ariston, anche loro potevano dare qualcosa in più Afterhours: Agnelli vince il Premio della Critica e quello dell'Onestà. Uno che dice: "Vado al Festival per cinismo" non è poco. Stona, urla e cercano di essere "speciali". Di questi tempi è un titolo che si può prendere solo Mourinho. Eppure sono stati bravi, va detto Pupo, Belli, Youssou N'Dour: Assante e Castaldo su "Repubblica" parlano di Trio Monnezza. Anche qui una canzone brutta dove neanche un gigante come Youssou N'Dour può molto. Iva Zanicchi: noi ci siamo ammazzati dal ridere. L'amore in un modo diverso va bene ma da una stagionata come lei meglio di no, peccato Marco Carta: una canzone che di suo non è da buttare e con una bella melodia. Le hanno provate tutte pur di dimostrare che è un'artista decente, non è cosa sua cantare. Alexia e Mario Lavezzi: coppia particolare, la loro, per una canzone che poteva dire molto e anche andar lontano. E' mancato qualcosa Nicky Nicolai e Stefano di Battista: grande coppia, canzone bella e piacevole. Decisamente una goduria, peccato che sia uscita quasi subito Dolcenera: si presenta con una veste nuova e canta bene, anche qui speravamo in un risultato più clemente del televoto. Povia: il testo può essere visto in tanti modi in base al pensiero personale. La musica è molto bella, Povia canta bene e ha una cantante accanto a sé notevole Patty Pravo: parte male, recupera alla distanza dimostrando le grandissime doti interpretative. Testo probabilmente non all'altezza Nostra classifica: vittoria alla coppia Nicolai/Di Battista, seconda Dolcenera, terzo Masini. Giù dal podio Alexia e Mario Lavezzi Passiamo ai giovani e qui lanciamo una provocazione: sono andati meglio dei Big, hanno stupito ed attirato per la loro abilità. Molte sorprese e materiale di sicuro avvenire. Geniale l'idea di Bonolis di farli accompagnare e svezzare insieme a grandissimi artisti, da Massimo Ranieri a Lucio Dalla Filippo Perbellini: il "sosia" di Cocciante presenta qualcosa che s'avvicina al suo maestro. Non ci è piaciuto Iskra: mi duole dirlo ma la canzone peggiore dei Giovani. Era meglio scegliere qualcun'altro Barbara Gilbo: canzone discreta, interpretazione accettabile ma non si può gridare al miracolo Malika Ayane: è brava e si presenta con qualcosa di abbastanza valido però un gradino sotto ai pezzi migliori Chiara Canzian: sinceramente chi si aspettava un grande risultato è rimasto deluso. Tra le figlie d'arte la peggiore Irene Fornaciari: una bella canzone cantata con una buona interpretazione, offre il meglio con il "cucuzzaro" guidato dal padre Arisa: decisamente particolare, porta una brezza Jazz e affascina parecchio. Il meglio di sé lo offre accanto al Maestro Luttazzi Karima: la migliore del Sanremo Giovani. Grande voce e potenza espressiva, sorprende che sia uscita da "Amici" un talento così. Simona Molinari: da sola se la cava abbastanza bene, splendido duetto con Ornella Vanoni. Suggestivo e validissimo Silvia Aprile: l'accompagna Pino Daniele, si sente e si vede. Sinceramente qualcosina di più si poteva sperare Anche qui il nostro podio: Karima prima, Arisa al secondo posto, terza Simona Molinari.

Concludiamo questo breve sunto, peraltro incompleto ma non vogliamo essere eccessivamente prolissi, facendo una considerazione: si è parlato tanto dell'impossibilità di fare un paragone tra i risultati ottenuti nel 2005 da Bonolis e quelli odierni, dando la colpa alla concorrenza della tv satellitare (come se Sky non esista già dal 2002) e alla disaffezione che il pubblico sta dimostrando nei confronti della tv generalista. Ebbene, Bonolis ha dimostrato che la tv di qualità può convivere con la piaga dell'auditel. Ha dimostrato che in tv c'è spazio anche per la buona musica degli Afterhours, che sono stati eliminati ma in radio sono ascoltati, ha dato voce anche a personaggi che nella tv pubblica non si vedono mai (dando il microfono a Grillini, è un gesto veramente importante in un paese come l'Italia), pensiamo anche alla satira di Benigni, nei confronti del presidente del consiglio. In questo festival si è respirata un'aria nuova, quasi di libertà. È questo che ci vuole in televisione... Domanda finale? 2010 ancora con Bonolis. Perché no? Se proprio proprio togliessero il televoto sarebbe il massimo.

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