"New York Stories" risale al 1989. E' un film diviso in tre episodi. Tre storie diverse, che ruotano intorno ai protagonisti e le loro vite newyorkesi, come unico denominatore comune. Una produzione ambiziosa, che vede all'opera tre registi importanti (non fatevi impressionare dai nomi, questo film è tutt'altro che un capolavoro), almeno per quanto riguarda l'industria cinematografica.

Il primo episodio, "Lezioni Di Vita", è diretto da Martin Scorsese e vede nel cast un consistente Nick Nolte (che interpreta il ruolo di un immaginario famoso artista newyorkese, tale Doobie) succube della sua giovane assistente (Rosanna Arquette), a dire il vero piuttosto restia a concedersi. Ma tra alti e bassi, la coppia scoppia, e a nulla valgono le passioni dell'artista, le dichiarazioni paradossali per lei, seccamente respinte dalla giovane, che ha la testa altrove (un cabarettista interpretato da Steve Buscemi). Il lavoro dell'artista non si ferma. A parole Nolte/Doobie appare stucchevole e bastonato, ma il flusso artistico che gli pulsa nelle vene è preponderante. Se nelle apparenze, nella solitudine l'artista appariva in difficoltà, nello svolgersi della vicenda si scopre che tutte le risorse arrivano dall'arte stessa (non dalla fantomatica musa/assistente) e le angosce finiscono sulla tela e si impongono nella matericità. La tela come risorsa espressiva e sfogo creativo. Nolte (in stato di grazia) fende pennellate energiche e stabilisce il rapporto con la tela, consapevole che l'arte, alla fine, è la risorsa che lo salva e lo ha salvato. Stucchevole che alla fine l'artista, durante una sua personale, ricada nei suoi limiti e si rimetta pateticamente ad alimentare il suo vuoto esistenziale facendo valere la sua celebrità come mezzo di convinzione verso una bella e speranzosa giovane cameriera.

Il secondo episodio, "Vita senza Zoe" è diretto da Francis Ford Coppola e vede all'opera il nostrano Giancarlo Giannini che interpreta un flautista di fama internazionale. La protagonista è però l'odiosa figlioletta (Heather McComb), lasciata sola a NewYork, coccolata dallo staff dell'albergo dove dimora in attesa che mamma (da non crederci, Talia Shire) e papà, artisti sempre in viaggio, si presentino a sorpresa. Ma la trama è debole, le situazioni appiccicate con la saliva e gli attori piuttosto fumosi, Giannini compreso. Deboli il pretesto, il contesto e il significato della storiella (azzardo il messaggio: la famiglia da compattare a tutti i costi). Insopportabile e sciocco l'intreccio dei personaggi. Buonismo a profusione. Fugace apparizione della bella Carole Bouquet che non spiccica nemmeno parola. Finale melenso che odora di letame. Debole e plastificata vicenda che abbassa il trend positivo innestato dal primo episodio.

Il terzo episodio è scritto e diretto da Woody Allen. Il cortometraggio è intitolato "Edipo Relitto" e lo vede come protagonista. Le tematiche sviluppate sono grossomodo quelle di sempre. Dall'incertezza dell'amore, in questo caso con presupposti labili, al complesso ed insostenibile rapporto con un genitore assurdo, una madre che è una vera ossessione di vita. Soffocante a tal punto che appena sparisce la qualità di vita del protagonista migliore notevolmente. Ma...

A tratti demenziale, altre volte, ma con garbo, un po' di paradosso. Allen si diverte a scherzare col sovrannaturale. Condisce il tutto con classici del jazz, romanticismo e finale a sorpresa. Recita al suo fianco Mia Farrow. C'è sempre qualcosa di autobiografico nelle storie di Allen e per chi lo conosce sarà piacevole scoprire le coincidenze con la sua vita reale, tanto da pensare che a volte ci sia un copione pure per quella. Magari da un amante di NewYork come Allen, ci si potevano aspettare degli approfondimenti sulla stessa, sfaccettature meno personali. Il regista ha preferito, come consono al suo ego, "fondersi" con la città diventandone figura centrale.

Il primo episodio è il meglio riuscito, con spessore nel contenuto, con scenografie e fotografia convincenti ed attori all'altezza. Il secondo episodio fa pena. Il terzo è di filone romantico-demenziale, ma si salva. In sostanza, più che "Storie di NewYork", trattata troppo marginalmente praticamente in tutti i tre film, queste sono solo storie di newyorkesi.

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