Chi non ricorda, nei ruggenti anni Novanta, il film "Singles"? Banale apologia di quella parola sulla bocca di tutti, un "Beverly Hills 90210 de noantri" ambientato in quella che - dopo il planetario successo di "Nevermind" - era la nuova mecca del rock, con tanto di cameo da parte di Chris Cornell e Eddie Vedder, e col belloccio Matt Dillon nei panni del leader dei Citizen Dick (già il nome dice tutto).

Ma oltre a certificare la rivoluzione grunge in atto, tale operazione fece intuire che il fenomeno aveva passato il punto di non ritorno, che la grande industria e i vari Cameron Crowe se ne erano impadroniti per snaturarlo (come del resto sempre succede a una cultura undergoround quando diventa di pubblico dominio: non so se ricordate quando Dolce e Gabbana presentavano i loro modelli grunge...). Non è un caso che gli unici pesi massimi del North West a non aver partecipato a questa baracconata fossero stati i Nirvana, i quali davvero non avevano bisogno di pubblicità, oltre che per la conclamata idiosincrasia del buon Kurt per questo tipo di operazioni.

Malizie a parte, il contenuto della colonna sonora è comunque di alta caratura: un ottimo breviario del Sound di Seattle, e per larga parte rispecchia la spettrale e malata natura della città, non certo la cittadina colorata di buonismo clintoniano del film in questione. Alcuni episodi erano già stati editi, ma fa sempre piacere ascoltare classici come la suadente "Nearly lost you" degli Screaming Trees, o l'oscura psichedelia di "Would?"degli Alice in Chains, fosco e struggente tributo ad uno dei pionieri della scena, Andrew Wood, reso indimenticabile dall'interpretazione - ahimé profetica - del povero Layne Staley. Proprio gli sfortunati Mother Love Bone vengono omaggiati con il maestoso delirio glam di "Chloe Dancer /Crown of thorns". I loro eredi Pearl Jam furono invece i massimi beneficiari dell'operazione-Singles. "Ten" stava per completare l'irresistibile scalata al top delle charts USA, e il gruppo di Gossard e Vedder trovò ulteriore propulsione con due pezzi inediti, morbosamente epidermici, che definivano mirabilmente come lo stile grunge avesse abbracciato sonorità rock più classiche, ad esempio nel taglio meno claustrofobico dei riff o negli assoli molto "anni 70" di Mike McCready, e di come il mainstream combaciasse ormai con quello che un tempo era "alternativo".

Che questo fosse un bene o un male, una inevitabile evoluzione o una edulcorazione dell'originario sound di Seattle è questione che divide da sempre i nostalgici delle camicie a quadri: fatto sta che "Breath" e "State of love and trust" sono davvero smaglianti, ma forgeranno - purtroppo - un archetipo per tutti i vari gruppi come Candlebox o Silverchair che di lì a poco spopoleranno.
Non mancano ovviamente i Soundgarden, sia al gran completo con la sulfurea "Birth ritual", sia con l'algida "Season", uscita in solitario di Chris Cornell, pregna di suggestivi echi del terzo Lp dei padri putativi Led Zeppelin, mentre un altro maestro, Jimi Hendrix, viene omaggiato più per ragioni geopolitiche con "May be this love". Azzecatissima invece la presenza di ben due brani del grande Paul Westerberg, leggenda alternative rock anni 80 coi Replacements e sicuro ispiratore di Cobain: "Waiting for somebody" e "Dyslexic heart" sono due ottimi numeri college-rock e fanno un figurone.

Non potevano essere assenti inoltre gli Smashing Pumpkins (Corgan ha sempre aborrito l'etichetta grunge, ma con "Siamese dream" alle porte figurarsi se l'astuto Billy si lasciava sfuggire una vetrina del genere...) e "Drown" è l'ennesima perla nel repertorio delle Zucche, risultando un brillante esempio di lisergia applicata all'hard.
Il brano migliore di "Singles" è però quello che ne definisce il contesto: l'ubriaco assalto superfuzz di "Overblown" dei sempre dissacranti Mudhoney, i quali con il consueto piglio denunciano come la magia fosse ormai evaporata.

In tale ottica, se la leggenda di Seattle aveva raggiunto il suo acme emotivo coi Temple of the dog e "Nevermind" ne era stata invece la consacrazione ma anche la perdita dell'innocenza, con "Singles"ci fu probabilmente l'involontario epitaffio.

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