Anni fa Vasco Rossi, quando ancora era un cantautore innovativo ed originale, ammetteva con orgoglio la propria ispirazione battistian-jannaciana. Infatti, se armonicamente amava molto Lucio, i suoi accordi delta, i suoi passaggi da maggiore a minore e un certo amore per ritmiche e il modo di tagliare gli accordi, “letterariamente” era evidentemente affascinato dalla demenzialità alta di Jannacci, dal suo scherzare di tutto con apparente non-sense.
Se proviamo a mescolare, quasi fossero ingredienti di cucina, le caratteristiche di Lucio e quelle di Enzo che ho detto, e proviamo ad “aggiornare” tutto nello stile e nell'estetica eighties, beh..., è probabile che il risultato non sia troppo lontano dal Vasco migliore, quello che inizia nel 1978 e finisce nel 1983. Comunque sia, l'amore per Lucio Battisti non è cosa di questi giorni: ha radici radicatissime e lontanissime. Se non sbaglio, in un'antica intervista Vasco ha persino detto che un sogno nel cassetto era appunto un disco tributo a Lucio Battisti. Bene: oggi di quell'idea si vede un primo frutto. Una cover di un brano assolutamente minore e poco conosciuto (almeno oggi), oltretutto ospite di un gran disco di Battisti, ma non firmato dal protagonista, avendo come uniche (apparenti?) firme Donida e Mogol. La canzone di Lucio sfidava, come sempre, i gusti, l'intonazione, il ridicolo, per andare infine a piazzarsi nell'iperuranio delle cose perfette, quello abitato così spesso e così bene dalle opere di Battisti. Il ritornello “felicitaaaà....”, cantato, e urlicchiato in falsetto da Lucio, è una perla oggi incomprensibile (oggi ci si accontenta di quel cretino di Bocelli che dice che Battisti cantava male...: sì, probabilmente per cantare l'ave maria ai matrimoni non andava proprio bene... ma era il prezzo da pagare per fare in Italia qualcosa di simile a quello che Bowie o McCartney facevano altrove, e non per saltare allegramente con passo da gambero ai tempi di Claudio Villa...).
Bene: oggi Vasco riprende quel pezzo, lo aggiorna nei suoni e lo sposta di tonalità, così da volare sul ritornello non in falsetto ma nel più classico e trionfale dei ritornelli vaschiani, quelli che, piaccia o meno, fanno saltare gli stadi. La canzone si fa ascoltare bene: è scritta (allora) molto bene, è arrangiata, cantata e suonata come si deve. Due, a questo punto, possono essere i ragionamenti: innanzitutto l' “animus” con cui Vasco fa queste cose. Malizia o sincerità? Sempre difficile distinguere, nel Vasco del “dopo ottanta”. Forse la paraculaggine più pura avrebbe potuto portarlo a cantare canzoni come “il tempo di morire” o “il mio canto libero”... chissà. Poi, ed è questo dato che anche Vasco dovrebbe valutare, è sicuramente molto più interessante un buon disco di cover piuttosto che un modesto disco di inediti (in più, ultimamente, scritti da altri...). Un disco battistiano, o generalmente di cover (ricordate la “amico fragile” di Vasco? Una delle pochissime interpretazioni di Faber degne di nota, parenti ed amiconi compresi) si farebbe attendere, e certamente amare, di più dell'imminente, e probabilmente prevedibilissimo, disco di canzoni “nuove” e “sue”.
Elenco e tracce
Carico i commenti... con calma