Quando un gruppo ha una discografia molto vasta, e contraddistinta da innumerevoli picchi qualitativi, è facile sottovalutare alcune incisioni a scapito di altre, magari per il fatto di non essere uscite nell'anno giusto, nel clima giusto: l'assunto vale anche per gli Weather Report, ed in particolare per l'album 'Sweetnighter', fra i più sottovalutati della loro discografia.
La critica musicale osserva, sovente, come i primi due album della band di Zawinul (l'omonimo e I Sing the Body Electric) fecero da trait d'union fra il jazz elettrico di ascendenze davisiane e la più matura commistione fra jazz, funk, rock e world music che caratterizza gli album del quintetto da Mysterious Traveller in poi: nel fare questa operazione ci si dimentica, troppo spesso, dell'album che qui si recensisce, in cui il gruppo dimostra di aver definitivamente superato gli steccati dei generi ed evidenzia una personalità ed una coesione di intenti che mai si era vista nelle precedenti incisioni.
A mio avviso, 'Sweetnighter' è, infatti, fra le migliori produzioni del gruppo, fotografato nella fase ascendente della propria carriera, prima della sua definitiva esplosione di critica e pubblico e della, successiva, cristallizzazione del proprio stile nelle coordinate ben definite a partire da Tale Spinnin' in poi.
Zawinul, Shorter ed il primo bassista Miroslav Vitous, dimostrano, nell'album, la decisa volontà di abbandonare le strade percorse in precedenza proseguendo in un cammino in cui dominano i suoni prodotti dai sintetizzatori dell'autore austriaco, dai toni espressionisti e pittorici, le articolate linee melodiche dei fiati e, non da ultime, le sotterrnaee armonie del basso, capaci al contempo di dare sostegno agli altri strumenti come pure di tracciare l'evoluzione armonica di ogni pezzo. Un discorso a parte deve essere fatto per le percussioni di Dom Um Romao e Maruga, i cui toni sudamericani danno calore e pathos ai singoli brani, rendendo ancor più dinamico lo sviluppo delle canzoni. A fianco dei fondatori del gruppo, non possono essere dimenticati gli interventi del bassista Andrew Withe (forse più a suo agio di Vitous nell'atmosfera elettronica che pervade l'album) e dei batteristi Eric Gravatt ed Herschel Dwllingam.
L'aspetto che, ad un primo ascolto, permette di distinguere 'Sweetnighter' da ogni altro album degli Weather Report è inoltre, a parere di chi scrivere, la maggior fruibilità dei pezzi scritti e composti dal gruppo anche per chi non provenga dalle schiere degli appassionati del jazz e abbia una sorta di timore reverenziale nell'avvicinarsi a generi musicali più complessi e meno immediati rispetto ai canonici rock, pop e blues.
In ciò, l'album può ben rappresentare l'ideale porta d'accesso ad un mondo "altro" rispetto alle prevalenti mode degli anni '70, in piena rispondenza agli scopi del gruppo, che voleva avvicinare il popolo rock alle più rarefatte atmosfere del jazz e delle musica d'avanguardia.
Se la funzione "educativa" della musica degli Weather Report, può forse far sorridere (peraltro non senza amarezza vista l'involuzione della musica di consumo nel corso dell'ultimo trentennio), nulla da dire circa l'efficacia e la bellezza di quest'album, il cui ascolto è consigliato a tutti... i beneducati e no.
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