Per chi voglia imparare a suonare la chitarra, non c’è niente di peggio di un disco come questo. La musica che emana è tale e tanta, la facilità con cui Wes piega veloce il suo pollicione verso il basso sulla sua incisione effettuata nel ’62, è accompagnato da una sezione ritmica di tutto rispetto: piano/basso/batteria affidati a Wynton Kelly, Paul Chambers e Jimmy Cobb (la ritmica di Davis, all’epoca!) e un Johnny Griffin grintosissimo e blueseggiante al sax. Di tutta la vastissima discografia di Wes sia da titolare che da ospite, questo è forse uno dei più rappresentativi esempi della sua arte e di come si possa trovare una vena decisamente personale, per raggiungere vette somme anche su uno strumento in parte limitato come la chitarra, sia per ciò che riguarda la diteggiatura necessaria ad offrire una copertura armonica adeguata, che per le minor possibilità di espressione dinamica e complessiva rispetto al piano. Be’ , si fa un po’ di necessità virtù e l’uomo che prevale sul mezzo poi rimane nella storia della musica contemporanea.

Vi sono diverse versioni di questo disco, tra cui una contenente alternate takes di due brani. Sul cofanetto Riverside (costosissimo ma consigliatissimo per chi non conosca niente dell’artista) vi sono altre tre takes di questa session: “Cariba”, “Born to be blue” e "Blue ‘n’ boogie”. Vale comunque la pena accattarsi il disco con le alternate takes perché in ogni esecuzione Wes rivela gioielli nascosti e precisi della sua mente di grande musicista. Wes, fratello di Buddy, pianista grintoso e sanguigno al punto da essere voluto come partner pianistico da George Shearing, Wes fratello di Monk, il primo contrabbassista al mondo a suonare in orchestra (Lionel Hampton) il basso solid body Fender Precision (Lionel: “Alza di più, Monk, alza, per la miseria… !!!” ). Alla fine egli resta il più famoso dei tre e l’interprete di una intera nuova scuola di tecnica chitarristica che ha fatto proseliti.

Sia questo disco che il live all’Half Note sono due fulgidi esempi di come si possa divertire la gente e contemporaneamente alzare l’asticella dell’arte jazzistica e della tecnica chitarristica futura di un buon venti centimetri in un paio di notti messe su nastro nel ’62! Ma voi non fateci caso: potete anche fischiettarci sopra la mattina facendovi la barba. Non è vietato, è semplicemente osteggiato ed irriso dai figli, che, come sappiamo, agiscono per partito preso. Orecchie che non capiranno mai. Forse. Della nuova generazione personalmente ho solo un paio di nipoti, sulla strada giusta; uno dei quali è diciottenne e mi chiede “… zio mi copi questo e quest’altro…" e suona in un gruppo che fa cover dei Lynyrd Skynyrd, Yes e Genesis!!! Meglio di tanta schifezza di plastica che gira. Si farà…

I brani:

  1. Full House Pezzo giocato su un ternario, con tema esposto in unisono tra sax e chitarra. Il piano di Kelly come discreto comping di fondo serve da trampolino per un solo di chitarra che parte come una molla e sancisce l’ inizio dello swing e del trip di quest’opera. Birra ed occhi chiusi. Lasciati cullare da queste sequenze logiche di note.
  2. I've Grown Accustomed To Her Face Pezzo eseguito in solitudine. No-tempo, per un esempio di chitarra jazz solitaria e spagnoleggiante. Rimane un classico esempio di come un chitarrista jazz possa effettuare pericolose incursioni da guastatore nei territori altrui ed uscirne chiaramente con una gran dose di rispetto e molta melodia nel carniere. Oro puro.
  3. Blue'N'Boogie Brano di circa dieci minuti di puro vigore interpretativo. Wynton Kelly si sfizia in uno stile inusitato e molto simile al ragtime-stride piano, con una base incessante che ti alza dalla sedia e ti fa allargare le labbra in un riso largo. Griffin da par suo.
  4. Cariba Tempo pari ma giocato “in due”, come un brano latino va VERAMENTE suonato. Questa cosa non la trovi scritta nel pentagramma: o ce l’hai nel sangue o lascia stare. Solo di contrabbasso di Mr.PC breve ed intenso, prologo allo sviluppo successivo; incedere solare e pieno di voglia di far divertire il pubblico dello Tsubo, club di Berkeley.
  5. Come Rain Or Come Shine (Take 1)
  6. Come Rain Or Come Shine (Take 2) Swing dalla prima all’ultima nota su un medio tempo trascinante. Evoluzioni di gran classe di Griffin Alt take bellissima anch’essa. Spesso è difficile dire cosa porti all’attribuzione della qualifica di “traccia titolare” ; tant’ è che a distanza di anni spesso te le ritrovi tutte e due (se non tre!) pubblicate, per la tua gioia di appassionato.
  7. S. O. S. (Take 3)
  8. S. O. S. (Take 2) Tema di complicazione, lunghezza e velocità impossibili; eseguito in unisono da sax e chitarra per introdurre un vero e proprio show di Griffin e Montgomery. “Quattro e quattro” di batteria verso la fine tra il gruppo e Jimmy Cobb per farti capire dove risiede il generatore atomico di un gruppo del genere. Ripetizione del tema per farti ammutolire e rimettere a studiare scale e teoria. Subito. Probabilmente Tofani ha svoltato verso Hare Krisna dopo aver ascoltato questo disco. Scherzo, ovviamente: l’assolo di Tofani su “Nervi scoperti” è una delle più belle cose mai incise da una chitarra elettrica su disco in tutta la storia della musica contemporanea: fantasia, sweep ante-litteram e senso della costruizione progressiva di un solo. Stop alle digressioni. Semplicemente mi manca Tofani ed il suo “genius interruptus”. ; -)
  9. Born To Be Blue Un tema lento in cui Wes sfodera la sua capacità di “entertainer – cantante con le note” . Se è difficile suonare veloce e preciso, lo è ancor di più suonare un brano lento e dire qualcosa di valido ed originale. Tenere le note con una chitarra semiacustica, che non ha molto sustain ne’ troppo riverbero sull’ampli può essere un vero tentativo di suicidio, per chiunque non sia un grande chitarrista. Il tema è stupendo e Kelly interviene nella seconda parte a darci un esempio di come si possa essere contemporanei di Bill Evans, suonare gomito a gomito negli stessi dischi (Kind of blue) subirne l’effetto, metabolizzare e sputare fuori un pianismo un pizzico più bluesy ma molto intelligente e azzeccato nel contesto. Personalmente suono immeritatamente in un guitar trio che si chiama “The WESterns” (non da John Wayne, ovviamente!) in cui il chitarrista rivela chiaramente le origini della sua tecnica.

Se avete dubbi su come investire un po’ di euro e volete qualcosa che vi dia gusto all’orecchio e sia anche perfetto da un punto di vista qualitativo, sia per tecnica strumentale che per omogenea compattezza e proposta del gruppo, questo disco può essere la temporanea soluzione al dilemma. Per circa due giorni. Fra qualche giorno me ne vado al mare, ragazzi e se non affogo ci sentiamo a luglio; nel trolley metto… Geoff Keezer, Ben Allison, un po’ di Evans, Jarrett e poi qualcosa di italiano: Bersani, Fossati e… Raf (si, Raf! Non mi rompete le palle pure voi, che già mi devo sopportare lo scherno degli amici!!!) tutto su un vecchio lettorino CD che sembra oramai passato di moda e soppiantato da ‘sti cacchio di MP3 del kaiser. Comunque questa “bibbia” della chitarra e scuola del buon gusto jazzistico che è "Full House" me la porto sicuro, per riempire la casa di musica.

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