I want to know
How many of you people out there
Want to rock and roll
Say it - rock and roll!

Say it louder!

Gli Whitehouse di William Bennett sono considerati i padri di quel che usiamo chiamare power electronics.

Bennett, già attivo nella scena post-punk britannica con gli Essential Logic e sperimentatore elettronico nei Come, fonda nel 1980 gli Whitehouse con l'intento di colmare un vuoto, di forgiare quella musica che lui stesso definirà "the most extreme music ever made".

E c'è da dire che la sua definizione non cade troppo lontano dalla realtà.

Fra le maggiori influenze di Bennett spiccano i nomi di John Cage, Steven Stapleton, Throbbing Gristle, Cabaret Voltaire, primi Tangerine Dream, Cromagnon, Yoko Ono, Robert Ashley ed Alvin Lucier: ma Bennett va oltre, dà vita all'etichetta Come Organisation per dare voce all'istinto libertino dell'artista, al di là di ogni censura e di ogni decenza. Attraverso la Come Organisation escono con gran scalpore i primi album dei nuovi terroristi del suono, alfieri dell'estremismo tout-court. Una musica violenta ed assordante, oscena nella forma come nel messaggio: l'incredibile muro di suono diviene in realtà il palcoscenico per le indecenti arringhe di Bennett, spesso vertenti sui temi del sesso e della dominazione (ricordiamo che Whitehouse è il nome di una nota rivista pornografica inglese, ed al contempo il cognome di Mary Whitehouse, una fervente attivista politica cristiana, famosa per le sue campagne "moralizzatrici" a partire dagli anni sessanta, e per questo presa di mira da Bennett e compagni).

Con il terzo album, "Elevator", gli Whitehouse imporranno gli standard del nuovo genere, mentre, per niente intimoriti dalle critiche, dalle minacce censorie, dalle denunce per oltraggio al pubblico pudore, consegneranno al mondo album sempre più terribili, fra i quali possiamo segnalare "Right to Kill" e "Great White Death", probabilmente da annoverare fra i lavori più significativi della band inglese.

Oggi vi parlo invece di "Birthdeath Experience", uscito nel 1980 con una formazione a tre che, oltre a Bennett (voce e sintetizzatori), comprende Paul Reuter ai sintetizzatori, e Peter McKay, accreditato come ingegnere del suono: "Birthdeath Experience" è il primo album, quello da cui origina il cosiddetto "secondo avvento" ("The Second Coming", come recita un brano dell'album), la seconda onda d'urto (la prima era stata quella capitanata da Throbbing Gristle e Cabaret Voltaire) che avrebbe dovuto spazzare via il pop elettronico che stava iniziando ad imperversare all'epoca.

In verità "Birthdeath Experience" non è l'album più estremo degli Whitehouse, e nemmeno il migliore: in esso sono presenti i germogli di quei fiori del caos che solo in seguito sbocceranno compiutamente. La carriera degli Whitehouse sarà un'agonia crescente, e la voce di Bennett in questo album fa quasi tenerezza in confronto a quello che ci riserverà in futuro.

Rigurgiti di sintetizzatori, basse ed alte frequenze si mescolano a feedback, delay e riverberi, concedendo ben poco alla melodia: laddove il rock, il punk e la prima ondata di band industriali fanno coincidere l'estremo con il martellare assordante delle ritmiche, gli Whitehouse sono un magma ribollente di elettronica informe e dissonante (avete presente il rumore di quando ci si connetteva ad internet?).

Il basso pulsante nell'irriverente "Rock and Roll" è un'eccezione, mentre le stridule grida di Bennett (alla stregua di un ubriaco con un megafono in mano) inneggiano al sesso, al piacere estremo, alla violenza, al sadismo, in una sorta di messa strillata in cui un prete impazzito e sbavante cerca di rompere le inibizioni della folla auscultante, affinché gli istinti vengano sprigionati e finalmente espressi in un'orgia sanguinaria. I testi sono semplici e diretti, sono frasi e parole ripetute allo spasimo, seguono uno stile declamatorio, hanno un potere catartico, ipnotico, subliminale, tendono a spezzare i freni inibitori e trarre fuori l'ascoltatore dalla sua letargia (cosa aspettarsi da un pezzo il cui titolo è "Coitus"?).

Evidenti tuttavia sono i limiti tecnici, mentre gli sgraziati guati di Bennett non hanno ancora quella forza e quell'incisività che legittimano un non-cantante a stare dietro ad un microfono: tutti elementi, questi, che mal si prestano alla foga di dover far casino a tutti i costi (un casino, in verità, ancora tributario dell'iconoclastia ereditata dalla tradizione punk e post-punk); cosicché, nei suoi trentatre minuti scarsi (dei quali i tre minuti della title-track sono simpaticamente silenzio), l'opera prima degli Whitehouse è sì disturbante, ma non traumatizza, non sconvolge, non coglie nel segno, poiché priva di quel fascino, di quella profondità, di quella incontenibile irruenza che avranno gli album successivi.

"Birthdeath Experience" rimane così appannaggio dei cultori del genere e del carisma di William Bennett (che negli anni rimarrà l'unico membro stabile del progetto), e per coloro, in particolare, che hanno interesse a sondare i primi incerti passi di un leviatano destinato a mettere a ferro e fuoco il mondo intero.  

And I want to know
Do you believe in rock and roll
Why don't you stand up for what you believe in
You wankers!

Elenco tracce e video

01   On Top (06:05)

02   Mindphaser (06:06)

03   Rock and Roll (06:08)

04   The Second Coming (06:06)

05   Coitus (05:09)

06   Birthdeath Experience (03:30)

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