Che casino provare a decifrare Limbo, Panto. Come le gelatine tuttigusti di Harry Potter: non sai mai quella che ti capita e se sarà indigesta. Tanta roba, troppa.

E’ un’opulenza mai barocca fine a sé stessa, è piuttosto eleganza buttata li, un po’ come piace dire al mio prof. di scienza politica, magmaticamente. E’ un disco, nel suo piccolo, sconvolgente, non si presta ad essere frequentato assiduamente né tenta di farsi piacere dopo meticolosi ascolti; tuttavia in questo debutto va riconosciuta una certa innegabile dose di genio e una, più massiccia, di sregolatezza.

Hayden Thorpe e soci ci deliziano con manti d’arpeggi e falsetti tanto lirici quanto improbabili, col basso su linee azzardate e con cambi di ritmo e atmosfera epilettici. Non rende grazia buttare giù due righe per quest’album, non è semplice captarne le innumerevoli sfumature. Si potrebbe cominciare col dire che è attraversato da cima a fondo da una certa inquietudine. Canzoni tese e acide (“The Club of Fathomless Love” – “Brave Bulging Buoyant Clairvoyants”, il pezzo più canonico) s’alternano a criptiche ballate fantascientifiche d’ampio respiro (“Woebegone Wanderers” – “She Purred, While I Grrred” – “Cheerio Chaps, Cheerio Goodbye”). Sul tutto aleggia uno spettro prosastico che raggiunge il suo apice nell’incantevole “Please sir”. Menzione d’onore ai miei due pezzi preferiti: la trip-labirintica “The Devil's Crayon” e la più romantica “His Grinning Skull” che trovo non so perché affine a Head Over Heels dei Tears for fears (mi ricorda perennemente Donnie Darko e la scena dello spazzafoglie elettrico al rallentatore). Insomma questo disco spacca e gli appioppo 4 palle ch’è come fossero 5 e non sono 5 per il semplice fatto che è un album costituito di piccoli irriverenti eccessi, da assumere, anche dove più riusciti, forzatamente a piccole dosi.

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