Nella mia stanza lo specchio riflette una figura esile e attonita. Sono sempre io imbrattata di tinte pastello che scolorano nel tardo pomeriggio di questo eccitato e silenzioso novembre. Lo stereo suona "Gemini" dei Wild Nothing, un'eterea creatura lo-fi firmata da Jack Tatum, sconosciuto ed eclettico cantautore della Virginia alla sua prima fatica e i muri si dissolvono, il pavimento si scioglie sotto il carico di uno sdolcinato shogaze carammellato che profuma tutta la stanza di sonorità dream-pop very eighties. E' un leggerissimo aroma di ottanta quello che si sprigiona. Degli ottanta più morbidi e anestetizzati, quelli dei sognanti Cocteau Twins, degli estatici My Bloody Valentine dei trasognati Cure. Dentro la stanza il tempo si ferma grondando miele e raggi di luce filtrata attraverso le persiane socchiuse. Non uscirei più di qui se non sapessi che fuori sta arrivando la sera e qualcosa di bellissimo.

L'eterea creatura indie-pop che è "Gemini" imbambola e stordisce così come le sue timide e solitarie 'Summer Holiday' e 'Chinatown' veri pezzi portanti dell'album. Tutto gocciola di sfuggenti rivisitazioni dreamy ('Live In Dreams', 'O, Lilac') in un coloratissimo revival a metà strada fra i dolori febbrili dei Radio Dept e quelli jangle-pop dei The Pain Of Being Pure At Heart. A volte sembre di giocare a nascondino con i New Order più spensierati ('Bored Games'), a volte con i più estasiati Cure ('Gemini') in un vorticoso girotondo di abbaglianti riverberi elettro-pop ('The Witching Hour' e 'Our Composition Book').

Sogni e miraggi, ricordi e souvenir di un decennio anestetizzato dal tempo e mai del tutto dimenticato. Un'adolescenza cronica sotto strati di chitarre liquide ('My Angel Lonely') e malinconiche tastiere in chiaroscuro ('Drifter') annacquate da una filtratissima drum-machine e da un canto biascicato come una dolcissima e amara ninna nanna ovattata.

Con i suoi 45 minuti scarsi 'Gemini' è una piacevole distrazione che sa di bibita gassata, di bollicine, di sciroppo e di sigarette spente e io stasera ho sete e ho il peso di una nuvola, il colore di una bolla di sapone, l'odore dello zucchero a velo e non me ne importa niente se la glicemia si alza e se le difese si abbassano, se i miei pensieri ammiccano e le mie mani lo cercano. Stasera voglio solo perdermi in questo 'selvaggio niente' e non togliergli più gli occhi di dosso.

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