Personaggio strano, lo zio Wim. Discograficamente prolifico, versatile, a volte solenne ed altre quasi sbarazzino. Dagli esperimenti di "For Amusement Only" al semplice piano di "Un Respiro", passando per un'infinità di dischi, rielaborazioni, colonne sonore, minimalismo e pompose opere simil-sinfoniche.
A Milano si presenta praticamente nudo. Solo. Voce e pianoforte. Niente archi, niente fiati, niente soprani. Lui e solo lui. E totalmente gratis, cosa che, dato il suo scopo prefisso di "massimizzare il bacino di utenza", non mi sarei mai aspettata. Che lo faccia solo per la gloria? Chissà...
Lo scenario è quello della Chiesa di San Vittore al Corpo, la scenografia solo un paio di riflettori ed i convenuti un curioso melange di giovani alternativi e sognatori di mezz'età.
Luogo più consono per cantare le Lamentazioni di Geremia, come farà Mertens stasera, non ci potrebbe essere. Il musicista belga infatti ripropone per intero "Jérémiades", sua opera del 1995 ispirata appunto al brano biblico che narra la desolazione di Gerusalemme dopo la distruzione del 586 a.C..
"Kaf" risucchia gli spettatori nel vortice pianistico, spiazzando di già quelli che sono venuti ad assistere tanto per. Venti e più minuti di giro di piano ripetuto, accompagnato dalla voce vagamente irritante ma al contempo ipnotica di Mertens. Talmente ipnotica che alla fine nessuno ha il coraggio di applaudire, solo dalle ultime file qualcuno si fa coraggio e rompe l'indugio. L'altrettanto ipnotica e "meravigliosamente squinternata" (op. cit.) "Kof" prova oltre i curiosi, causando le prime defezioni. Non capiscono, o forse non vogliono capire, che bisogna perdersi tra le note, lasciarsi rapire dai ghirigori musicali e dai vocalizzi onomatopeici. L'esibizione va avanti, alla fine di ogni brano Wim sembra fare anche un cenno che "autorizza" gli applausi che, nonostante l'incremento delle fughe, si fanno sempre più scroscianti. Quando anche l'ultima nota di "Jod" si spegne lo zio si alza, ringrazia sentitamente, e sparisce in sagrestia. Il tripudio dei rimanenti spettatori lo richiama sul palco per due o tre bis che il nostro sceglie di pescare da "Un Respiro"; in ordine sparso: "The Essence of the (k)not", "Fitting Destiny", "Fernglänzend" e "Warm By The Other", ma potrei sbagliare perché i titoli non me li ricordo mai.
Morbido ma pungente, come il freddo di una serata milanese qualsiasi.
Per chi non c'era e per chi, invece, era lì.
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