Li avevamo lasciati nel 2012 con "Legend", complessivamente un buon disco, per alcuni la deriva troppo metallica e Pelander-oriented degli svedesi. Per chi riscontrava tali problemi in quel disco, "Nucleus" non farà che aumentare i suoi dubbi.

I Witchcraft sono venuti fuori da una delle scene rock/metal/doom/stoner/revival, chiamatela come volete, più in voga dell'ultimo decennio. I loro "cugini" Graveyard si sono sciolti qualche tempo fa, loro hanno pubblicato nel gennaio del 2016 il quinto disco in studio, in verità passato un po' in sordina.

Andiamo al sodo, senza far troppi giri sul passato della band e sul loro ruolo nella scena svedese. Ai più importa poco o nulla. Quindi cosa c'è in questo "Nucleus"? C'è l'appesantimento di tutto ciò che a qualcuno aveva mandato di traverso "Legend": il suono è ulteriormente ripulito (ah, i miracoli della Nuclear Blast) e tanti saluti alla genuinità da cantina del puzzolente e omonimo esordio. Le chitarre sono in decisivo primo piano e gran parte delle pulsioni folk non trovano più spazio se non sporadicamente. Su tutto si erge la voce di Magnus Pelander, timbro facilmente riconoscibile e grandi capacità "teatrali" di interpretazione: il problema è che in questo caso le linee vocali più che adattarsi all'architettura della canzone sembrano pensate soprattutto per soddisfare i ghirigori di Pelander. Il risultato è quello di alcuni brani che girano paurosamente a vuoto senza che lascino qualcosa come la fiacca parte strumentale di "An Exorcism of Doubts" o il monologo di Pelander su chitarre che non dicono nulla in "The Obsessed". Sembrerebbe mancare inventiva, ma in verità si va a fasi alterne perchè l'opener "Malstroem" è di una rara magniloquenza epica, "The Outcast" funziona alla grande mescolando ritmi e generi, mentre "Helpless" riesce a funzionare come oscura ballad dal sapore nordico che richiama i connazionali Candlemass. Proprio con il gruppo di Edling questi Witchcraft sembrano molto più vicini che in passato, in particolare per la preponderanza di riff sempre più doomeggianti e abrasivi.

Alla fine si può dire che "Nucleus" si porta dietro alcuni problemi già mostrati da "Legend" e ribadisce come il corso dei Witchcraft sembri andare sempre di più verso un appesantimento generale del sound. Lo smussamento serve a delineare un'ossatura sonora sempre più massiccia ma anche sempre più poggiata sulla voce di Pelander, quasi a voler dar ragione a chi in passato ha asserito che i Witchcraft si stiano trasformando in una sorta di ulteriore progetto solista del singer. Ecco quindi un album a metà. Ma almeno loro non hanno fatto la fine dei Graveyard.

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