Wolfgang Borchert non è stato un autore prolifico, forse anche a causa della sua breve esistenza: si annoverano poche novelle e il dramma Draussen vor der Tür. La scarsità quantitativa delle sue opere risulta tuttavia inversamente proporzionale alla qualità, all'efficacia ed all'estetica delle stesse, gettate nel triste contesto della Germania (anzi, delle Germanie) post-Nazionalsocialismo. Proprio la profonda riflessione sulle macerie di quello che sarebbe dovuto essere il Terzo Reich rinvigorito e rinsavito dal bagno di sangue bellico purificatore, permette allo scarno repertorio di questo autore di essere inserito nell'ambito della Trümmerliteratur (Letteratura delle rovine), coinvolgente una larga fetta dell'intellighenzia tedesca del secondo dopoguerra, tra i quali il Premio Nobel Heinrich Böll.

Il Pane (Das Brot), forse la novella più rappresentativa di Borchert, narra il commovente sacrificio di una moglie, costretta a rinunciare per amore del consorte alla sua porzione di pane (senza alcun riferimento si comprende la penuria dell'alimento, necessariamente razionato, ndr.) dopo che l'uomo, durante la precedente notte, si era levato dal sonno, in preda ai morsi della fame, e si era recato segretamente in cucina per consumare di nascosto parte di quella commestibile miseria. Colto in flagrante dalla donna, mentì della sua azione giustificando la presenza in cucina poiché "insospettito" da sedicenti "strani rumori"; la martire, raccapezzandosi immediatamente della situazione, ricevette il definitivo colpo di grazia: ai patimenti imposti dalla terribile situazione socio-economica, si addizionò la grave menzogna dello sposo, colpito dall'egoismo ipocrita di colui che demistifica l'umano in lupo.

Il perfetto, realistico, tragico ed introspettivo spaccato di vita quotidiana post - 1945: Das Brot bussa alla mente ed al cuore di chiunque sia in grado di ascoltare, comprendere, assimilare, agire e redimere se stesso.

Un dramma che illustra le sue peculiarità morali e materiali nell'essenziale e basica costruzione prosastica: periodi scarni, spezzati, privi di fronzoli e correlazioni, una miriade di strutture paratattiche che scandiscono efficacemente l'umoralità negativa, contraltare della novella . Pure l'ambiente, i medesimi protagonisti, tutto è immerso nell'anonimato più totale: Borchert evita intenzionalmente di battezzare i coniugi (metafore umane di centinaia, migliaia, milioni di altre analoghe situazioni), tantomeno delinea nei minimi particolari il contesto "geografico".

Una coppia di sposi sconosciuta residente in una città sconosciuta: l'autore riassume così il mancato Terzo Reich, pochi paragrafi pronti a iperbolizzare l'urlo del popolo affamato, a fornire il sentore delle rovine, a esplicare l'assurdità della ferocia hitleriana, a materializzare il dolore di chi non è rassegnato a cotanta miseria e carestia (materiale e spirituale). Il focolare si raffredda inesorabilmente.

Esaltando senza indugio il sacrificio della donna che regala per la seconda volta il pane al marito, Borchert tenta di schiudere lievemente un ventaglio di ottimismo, di accendere un fioco lume nel bel mezzo dell'oscurità, di donare una sorta di "consolazione" alle vittime della crudeltà legalizzata: solo con la parsimonia e col recupero della razionalità umana lacerata e dilaniata dalla bestialità di chi è costretto a sopravvivere, il popolo disporrà dei mezzi per superare questa ennesima, difficoltosa prova di determinazione e sussistenza non sempre imposta da terzi.

A chi vorrà approfondire l'opera di Borchert, consiglio un ulteriore titolo: Die Küchenuhr (L'orologio da Cucina).

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