Nati dalle ceneri dei Wolfsangel, la formazione di San Pietroburgo offre, praticamente, la minestra già preparata nella defunta band, ossia quel connubio tanto caro ai vichinghi metallari, quel misto di folk-ciking-epic a 360 gradi.

La novità, allora, dove sta? Beh, innanzitutto la formazione vede schierare a se ben otto (8!!!!) membri (MEMBRI!!!!), di cui quattro (..... 4!!!!) impegnati nelle vocals e i restanti intenti a giocare con gli strumenti rock tradizionali (chitarre, batteria e basso) più altri meno tradizionali (flauti, cornamuse, mandolino, percussioni, violino e violoncello).

Ora, come accade in questi casi, il piatto sfornato può prendere due strade distinte e separata: la prima sfociante nel caos, nel rumore, nello schifo, nella puppù. La seconda, invece, quella del minestrone fatto bene, con gli ingredienti dosati a misura, ben amalgamati, prodotti in modo sopraffino. Ed è proprio questa seconda strada quella intrapresa dalla band (che culo!). Le chitarre distorte (che alternano riff ora thrash e ora heavy) sanno bene il fatto loro nei riff, davvero rocciosi e pesanti che vengono stoppate negli stacchi da quelle più folkeggianti nelle quali ad accompagnarle è la voce meno screaming del singer o, in casi più affascinanti ed ammalianti (i miei preferiti) la voce della singer, che col suo falsetto, dona la marcia in più che avrebbe reso un album come "Whitmare Rhymes" uno tra i tanti. E se song come "The Ballad Of Jolly Hangman" possono suonare di già sentito, sono le perle "The Hall Of Mirrors", "Shine" e la lunga suite finale (nella quale accade, praticamente, di tutto) "Web Of War" a farci ricredere a farci smuovere il nostro culetto metallico dalla poltroncina. "Web Of War", nonostante i suoi oltre 13 minuti di musica (scusate... 13!!!!!!) non annoia affatto, coinvolge l'ascoltatore, lo sorprende. Perché non è la classica martellante song ad con doppia cassa ad elicottero (si, c'è anche quello!) ma, nei momenti più cattivi e dinamici, laddove il singer sembra dare il meglio di se (o il peggio, giudicate voi. Sembra un demone incatenato nei meandri dell'inferno assetato di sangue), proprio in quei momenti ecco l'imprevedibile: le cornamuse, i violini, le tastiere... sembra di essere passati bruscamente dalla tempesta degli inferi al sereno celestiale, il tutto accompagnato dolcemente dalla nostra amica singer. E, non solo, sono anche i maschietti a non essere sempre imbufaliti come demoni a farci capire che, i duetti growl-clean, anche se scontati, possono non passare così facilmente di moda se la musica è scritta, suonata e prodotta bene.

E questo è il caso dei Wolfmare.

Una chance è meritata.

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