All'indietro nei ricordi, quando i segreti erano sussurri da intrappolare con del fango in un tronco. All'indietro nel passato delicato, trapassato dai chiodi dolorosi di un amore perduto. Nel 2046 corre un treno misterioso e si dice che chi va nel 2046, vola alla disperata ricerca dei ricordi. Nessuno è mai tornato, tranne uno. Per uno che torna migliaia non ci riescono. Sussurrare un numero, un anno/luogo che ha un significato profondo di dolore e gioia per amori vissuti e persi. Incontrare se stesso nel medesimo luogo e nel medesimo attimo spaziale 100 o 1000 ore dopo, agevolmente bloccato dalla confusione di cose accadute e poi scomparse, nel tentativo angoscioso e angosciante di scrivere su carta la propria vita, nello scenario futuristico di colorazione rosso/violacea del noir più onirico. Un solitario protagonista che rimembra il passato, descrivendo storie fantascentifiche di passione tra robot, dove "una" donna-robot viene amata. Lei non risponde, non sente nulla dentro di sè, è perdutamente oppressa dal suo corpo "bloccante", quasi inanimato, perennemente costretta a vivere in spazi luminescenti, riflessi, abiti luminosi, architetture di straordinaria tecnologia.

Per il tormentato protagonista (un po' troppo sicuro di sè a dir la verità) l'idea di scrivere di 2046 segue l'ennesimo confronto con una donna, molto più profonda di lui. Parlare di 2046 è dipanare il diario di una vita vissuta all'interno di una stanza, di un ipotetico luogo, di un indeterminato mondo. E' un involucro in cui sono celati tutti i nostri più reconditi sogni e segreti, in attesa di essere riscoperti dalla nostra memoria. A questo tema quasi proustiano di ricerca di tempo e sensazioni perdute, si unisce l'indecifrabile mondo femminile tanto caro al protagonista Chow Mo Wan. Si intrecciano "silenziose" vicende amorose vissute sul filo di sentimenti oppressi dall'incapacità di viverli, offuscati dal ricordo di altre donne, di altri luoghi. Inevitabile il doloroso ricordo dell'amore perduto con cui Chow ritorna indietro nel tempo, negli anfratti della sua mente, per cancellare, ma allo stesso tempo far riaffiorare i momenti trascorsi con l'enigmatica "Vedova nera" Su Li Zhen.

In 2046 Kar Wai, tralasciando il romanticismo lirico delle prime produzioni, prediligendo i piccoli dettagli (vera parte integrante della storia) racconta la paura di amare troppo, unita alla paura di amare davvero qualcuno. La vicenda dai contorni modellatamente delicati e romantici, sfocia così in un ambiente fantascientifico che sa tenere intrappolato in se sensazioni ed emozioni che sembrerebbero non appartenergli. E' proprio questo luogo che ci proietta al futuro, attraverso delle immagini generate nel presente, che fanno riaffiorare momenti del passato. L'uomo vive in questo limbo che travalica le categorie spazio/temporali, per cui se vuole rivivere "se stesso" è automaticamente costretto ad abbandonarsi a ciò che è avvenuto. Ed ecco quindi le reminescenze di corpi che si sono sfiorati in attimi fuggenti, di silenzi e parole perdute nell'aria di un istante.

Il 2046 di Wong Kar Wai è un'opera complessa ed intricata che si deve sciogliere pian piano come la neve al sole. Il concatenarsi di eventi, la ciclicità e la lentezza di alcune sequenze non la rendono di agevole assimilazione, ma la sensualità e il sentimentalismo con cui il regista ci trasporta in questo mondo "altro" sono un'esperienza che deve essere vissuta appieno, attimo dopo attimo.

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