Il film comincia all'improvviso con un primo piano di Allen che si rivolge al pubblico con un paio di freddure: una è quella delle due vecchiette che si trovano in un pensionato per anziani e una di loro dice "Ragazza mia, mangiare qua dentro fa veramente pena!" e l'altra risponde "Si, è uno schifo e poi che porzioni piccole!" Metafora alleniana della vita, che fa schifo ed è pure breve. La seconda è una battuta attribuita a Groucho Marx, che parasafrerà "Io non vorrei mai appartenere ad un club che contasse tra i suoi membri uno come me".

Mettersi in prima persona è per l'attore-regista una chiave di avvicinamento allo spettatore, perchè Allen sente che molte persone tra il pubblico condividono gli stessi problemi e le stesse sensazioni. Vuole parlare in maniera diretta e trovarsi faccia a faccia con loro. Spesso durante la pellicola Allen si rivolgerà al pubblico con delle osservazioni sulla storia e sui personaggi. C'è qualcosa di godardiano in questo e nei film precedenti le osservazioni dell'attore erano presentate a margine, secondo la tradizione stabilita da Bob Hope. Ma la scelta è come dire più o meno"proibita" nel cinema. Le osservazioni sono chiave più che per effetto comico, per lo sviluppo della storia. "Il pubblico deve vivere la storia insieme a me" insiste Allen. Ed è una scelta vincente.

E' un inizio bruciante e rapidissimo, quello di "Io e Annie", film che segnerà una svolta nella carriera del regista americano, portandolo alla conquista di due premi oscar. Questa pellicola rappresenta per Allen un punto fondamentale. Smette i panni del "buffone" e rinuncia alla sicurezza di un film dalla comicità facile. La ricerca di una svolta profonda ed intimista porterà ad un film che riuscirà come un vero e proprio capolavoro. Scritto con l'amico sceneggiatore e regista Marshall Brickman, con cui lavorò alla stesura del copione de "Il Dormiglione" e "Manhattan" è una commedia sentimentale brillante e romantica, con risvolti comici e trovate registiche assolutamente illuminanti. C'è un filone autobiografico intenso e sottile allo stesso tempo. Ricordi che si mescolano negli scenari spettacolosi della decaduta Coney Island (incredibile parco giochi lungo l'oceano in fase di smantellamento), nelle strade di New York, tra Brooklin e Manhattan e nella solare ma castrante Los Angeles.

Pellicola del 1977, interpretata meravigliosamente dalla frenetica e bellissima Diane Keaton, il cui personaggio è un'isola a sé, Tony Roberts, nei panni del fedele amico, con apparizioni incredibili come quelle del cantante Paul Simon, un cameo di un ancora sconosciuto Jeff Goldblum, una giovanissima Sigourney Weaver e Marshall McLuhan nei panni di se stesso.

C'è una sorta di filone bergmaniano nelle scelte di Allen, adoratore del compianto regista europeo Ingmar Bergman appunto. Vedi la scelta di aprire e gestire il film senza colonna sonora portante (in "Manhattan" per esempio la pellicola parte con le musiche di Gershwin). Tutte le musiche udite provengono da feste o autoradio. Vedi ancora, nei titoli iniziali, il carattere classico e senza fronzoli (che perdurerà da qui in poi in tutti i film successivi), o ancora la rappresentazione di figure femminili forti (la stessa Annie). Il regista compie un passo in avanti verso film più realistici e profondi ed "Io e Annie" è il primo segnale di una maturità registica che definirà d'ora in avanti tutti i lavori di Allen.

Nel corso del film l'attore e regista esporrà brillantemente, attraverso il personaggio Alvy Singer, teorie personali. Indimenticabile quella sulle due categorie terrene esistenti: gli orribili (ciechi, sordi, storpi) e i miserrimi (tutti gli altri). In una scena lo schermo è diviso in due ed ha un effetto fortemente teatrale. I due protagonisti sono dallo psicanalista e lo spettatore può percepire contemporaneamente il modo diverso di parlare della stessa cosa con un punto di vista completamente distante. Strepitoso l'incipit dove un adulto Alvy Singer si tuffa nei ricordi di bambino ed interagisce con i compagni di classe e i severi maestri elementari. In "Io e Annie" ci sono numerose occasioni di riflessione, nonostante l'intero film abbia un ritmo piuttosto veloce. La pellicola è in questo senso ricca e densa di dialoghi e battute ed interazione mentale sovrapposta al dialogo reale tra i personaggi (vedi scena dei sottotitoli mentre flirta con Annie). Il messaggio finale, altra metafora del rapporto grottesco uomo-donna, del quale non possiamo privarci, è agrodolce, vincente dal punto di vista emotivo, e merita un'ennesima citazione: un tizio va dal dottore disperato "Dottore, mia moglie si crede una gallina" risposta "E lei la faccia internare" il tizio "E a me chi le fa le uova?"

Questo è senza dubbio un film eccellente, indimenticabile ed estremamente efficace, adatto ad un pubblico attento e sentimentaloide. C'è un po' di tutto. Gli aspetti onirici vi stupiranno, la storia d'amore vi colpirà e alla fine non saprete se è più opportuno ridere o piangere. Un Allen maestoso.

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