Woody Allen è senz'altro un artista poliedrico, attore, regista, compositore e quant'altro, che nella sua vita ha raccolto grandi successi di critica e pubblico, ma che ha infilato un paio di piccoli "periodi neri" artisticamente parlando che forse rispecchiavano un suo momento riguardante la sfera privata meno felice.

In questi periodi ha sfornato qualche film non all'altezza della sua fama nè del suo talento, ed è il caso dei due film antecedenti a questo, ossia Settembre e Un'Altra Donna, entrambi accolti con freddezza. "Crimini E Misfatti", datato 1989 è il film del riscatto. Allen ne è mattatore assoluto, regista, attore principale e sceneggiatore (candidato a due oscar). Questo film unisce alcuni dei tratti tipici del regista di origine ebraica, come l'ironia politically uncorrect, le freddure, le riflessioni su temi quali l'amore, Dio, la religione in generale, il bene, l'adorazione verso New York, uniti ad altri tratti più drammatici e seriosi non inediti ma comunque per lui insoliti.

Il film presenta due storie che si intrecciano solo alla fine: da una parte quella interpretata da Allen, documentarista di scarso successo che nutre profonda invidia verso il cognato Lester (Alan Alda, che svolge ottimamente il suo compito), spocchioso ed immodesto produttore cinematografico con gran successo sia in affari sia in amore. Egli, coinvolto in un'intricata situazione familiare (mitica la freddura "l'ultima donna in cui sono entrato nell'ultimo anno è stata la Statua Della Libertà"), si innamora perdutamente di Halley (Mia Farrow), cui alla fine si dichiara con una lettera d'amore che "comunque era un mezzo plagio di James Joyce". Dall'altra parte abbiamo l'altro candidato all'oscar Martin Landau, autore di una prova incisiva, oculista con una buona situazione economica e familiare che rischia di andare in fumo allorchè l'amante Dolores lo mette alle strette minacciando di svelare la loro relazione e dei suoi precedenti in campo illegale nel caso in cui egli non rinunci a tutto per lei. Questa è più o meno la trama che dà il là a una serie di vicende ora paradossali, ora esilaranti (anche se molto meno che negli altri film di Allen), ora drammatiche.

Il film dura 104' e non ha in effetti un ritmo sostinutissimo nè colpi di scena entusiasmanti, ma in fondo non è quello che chiede. Esso dà infatti moltissimi spunti di riflessione, a partire da quella intrapresa da Landau-Judah sull'esistenza o meno della morale, di qualcosa di superiore che prima o poi ci valuta individualmente e che trascende la comprensione umana; c'è l'antica discussione sul se e sul come la legge possa intaccare ed intralciare il concetto di giustizia; ci sono riflessioni sul più nobile, forte e contrastante dei sentimenti, e cioè l'amore. Le prove degli attori sono tutte convincenti, dai due protagonisti alle macchiette; anche le locations contribuiscono a immergere nell'atmosfera del film, senza fare gridare al miracolo.

In sede di valutazione do a questo film a mio avviso sottovalutato rispetto ad altri lavori dell'autore le quattro stelle, vuoi per la ripresa di Allen dopo un periodo un po' sottotono, vuoi per l'ottimale alternanza tra comico e drammatico, vuoi infine per la magistrale colonna sonora jazz, tema di cui Allen è un'autorità riconosciuta.

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