E’ un vero piacere scoprire che il cd acquistato alla cieca e per puro caso in un negozio di dischi usati si riveli  un piccolo capolavoro, capace di stupire ed emozionare. "To Travel For Evermore" dei danesi Wuthering Heights è il secondo pezzo di una trilogia che può essere considerata un concept nella sua interezza; il tema trattato è quello del viaggio, inteso come il viaggio di un uomo attraverso la vita (l'uomo, per inciso, è Eric Ravn, il leader della band, che ha definito l'intero lavoro molto autobiografico).

Uscito nel 2002, questo album tecnico e sperimentale mi ha sorpreso positivamente per vari aspetti, primo fra tutti la difficoltà di inserirlo in un preciso contesto musicale: è riduttivo definirlo progressive - symphonic, in esso si possono riconoscere stili e sonorità che vanno dagli anni ottanta ad oggi. Troviamo pezzi orchestrali, brani dal sapore medievale ed epico, sfumature folk, e una buona dose di power. Queste atmosfere mutevoli sono condite (in maniera sapiente) da assoli e arpeggi dal sapore neoclassico (alla Malmsteen dei bei tempi, per capirci), da un'ottima batteria che si fa apprezzare anche e soprattutto per l'uso di tempi dispari, e dai cori, in pieno stile anni ottanta.

Il disco si ascolta con piacere, e le tracce (sebbene tutte di una certa lunghezza) volano: potrei citare “The Nevershining Stones” piccola perla power impreziosita da eccellenti cambi di tempo, “Lost Realms” ottima ballata con un intro neoclassico e cori che si intrecciano fra loro; la piccola suite “A Sinner’s Confession”, divisa in tre capitoli, dove la componente progressive è più accentuata, e la dolce “River Oblivion” acustica, che chiude il disco sfumando in una calda melodia che richiama il titolo del pezzo.
Da notare inoltre la presenza dell’italiano Lorenzo Deho al basso, dei Time Machine (ma compare solo come guest star).

Unica pecca dell’album: le chitarre, sebbene protagoniste, a mio avviso non sono registrate alla perfezione, e ciò è un vero peccato in quanto un lavoro di questo livello avrebbe meritato un pizzico di attenzione in più in fase di recording.

Concludendo, si tratta di un disco molto interessante, che esce fuori dai normali stereotipi musicali, e che si avventura brano dopo brano in sonorità diverse, accompagnando l’ascoltatore in un viaggio che (credo) lo lascerà piacevolmente stupito.

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