Chi aveva adocchiato Jamie Stewart già dai tempi degli IBOPA, probabilmente non sarà d'accordo con quest'ultimo album degli Xiu Xiu (progetto ormai diventato un duo con Cory McCollough unica superstite) che, sostanzialmente, tende a consolidare il sound degli scorsi lavori, con poche novità al loro stile. Figlio illegittimo di Bjork e Robert Smith, Jamie Stewart tiranneggia i brani con la propria voce, sensibile all'espressionismo più esasperato. Stavolta però la sua voce sparisce spesso non per l'ammassarsi cacofonico di suoni e rumori (altro feticcio degli Xiu Xiu) ma per la sua totale assenza, viste le parti strumentali dilatate e più curate nell'arrangiamento. Effettivamente questo è il loro disco più lungo.
Al primo ascolto potrebbe sembrarvi il disco più ovvio degli Xiu Xiu, fino a che nella dancereccia Bog People il ritornello urlato, quando arriva, è quasi scontato che debba esserci. Ma per essere il disco della "maturità" per i due di S.Jose, dimostrano pur sempre di avere una finezza interpretativa di gran lunga superiore agli scorsi lavori. I brani, nella loro totalità, qui suoneranno più anonimi sicuramente, ma il filo logico dell'album è ben delineato. Saturn, Rose of Sharon e Ale sembrano fondersi in un unico abbraccio: un incubo, un sogno malinconico e il risveglio.
Un nuovo giorno?
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