Tokyo, quartiere di Shibuya.

La giovane Chisa Yomoda, ammira il panorama sotto di lei dall'alto di un grattacielo.

Sorride togliendosi gli occhiali....

E si lascia cadere nel vuoto.

Nei giorni immediatamente successivi al tragico accaduto, cominciano ad arrivare alle compagne di classe della piccola delle strane email, nel quale la stessa Chisa da notizie di sè. La piccola Lain, arrivata a casa dopo un apparentemente normale giorno di scuola, accende il suo Navi (una sorta di personal computer che permette di accedere al Wired, una rete a cui ormai ogni essere umano ha accesso) e trova nella sua casella postale l'email della compagna suicidatasi. Lain decide allora di porre una domanda.....così tanto per provare...

"Perchè ti sei uccisa?"

"Perchè qui c'è Dio..." Le viene risposto in tempo reale...

Ed è con questo affascinante prologo che inizia "Serial Experimental Lain", una degli anime più importanti di questi ultimi anni. Fenomenale sotto moltissimi aspetti, un'opera talmente stratificata e ricca dei più inimmaginabili concetti e filosofie, da risultare a chi non si pone dinanzi allo schermo con la voglia di "vivisezionare" ogni dialogo ed ogni scena, come un pugno nello stomaco, un mero ammasso di immagini, pesanti come un macigno.

Interpretare quest'opera è quindi lo scopo ultimo della visione. Ancora di più che in Neon Genesis Evangelion o Ghost in The Shell. Ma non vi è un'unica chiave di lettura...

Gli autori infatti sguazzano e si sollazzano tra numerosi correnti diverse... da quelle più facilmente riconoscibili, come i richiami letterari ad Alice nel Paese delle Meraviglie di Carroll, o ai romanzi di Dick, alla teoria del tecnorealismo di Douglas Rukshoff passando per Jhon C. Lilly con le sue teorie sull'espansione della coscienza, per arrivare al concetto  di "Inconscio collettivo" forgiato da Gustav Jung. E ancora, continui i riferimenti ai Cavalieri Templari, alle teorie sull'esistenza di Dio e le prove ontologiche proprie di San Tommaso e Sant'Anselmo. Ma in generale le domande che vengono poste durante la visione non fanno che tracciare un quadro inquietante...

Se infatti nel Wired è possibile riscontrare uno strumento ultimo per un lo sviluppo di connessioni tra individui che vada al di là delle barriere e delle convenzioni sociali tipiche del sistema, soprattutto di quello politico e sociale nipponico, portando alla sublimazione della coscienza collettiva, dando così vita ad un'unica entità senziente, è possibile superare la necessità di un'interfaccia, di una periferica? Il nostro corpo può in effetti essere soltanto un'applicazione, un qualcosa, che ci permette di collegarci?

Per questo la piccola Chisa se ne è liberata?

Se questo è il suo solo scopo, allora potremmo farne a meno?

E in questo caso dove potrebbe essere la realtà?

Forse è nel wired dove siamo sempre connessi tramite il pensiero, e di conseguenza siamo tutti connessi ai pensieri di tutti?

Queste sono solo alcune, delle domande che la protagonista si troverà ad affrontare in un viaggio allucinogeno e disturbante. Il mondo dove Lain vive, è fatto di strade semideserte, di cieli dove gli uccelli non volano, di panorami invasi da cavi dell'elettricità. Un mondo dominato dal rumore sordo e inquietante che si percepisce continuamente da questi ultimi, un ronzio irreale e angoscioso. L'annullamento della personalità e della coscienza umana nel reale in virtù di un mondo alternativo è data dalla palese indifferenza che si respira nella stessa famiglia di Lain...indifferenza.. solo il parlare della tecnologica, della possibilità di espandere ciò che di tecnologico ha in casa, porta Lain ad avere un dialogo con il padre...null'altro se non la parola Wired regna nella quotidianeità della piccola.. La musiche non fanno che sottolineare questo aspetto risultando spesso rarefatte. Una nota a parte merita la sigla di apertura, la meravigliosa Duvet del gruppo dei BOA. Sicuramente la più bella sigla di apertura che una serie tv abbia mai potuto avere. Splendida la canzone, che possiede non pochi elementi che me la fanno associare ai Cranberries,e splendido il montaggio delle immagini. Queste ultime, in generale, contano sui colori opprimenti, che insime e alla regia lenta, anzi lentissima, non fanno che aumentare il senso di angoscia alla base della narrazione, ad innestare altra ansia ed altra angoscia sotto la pelle dello spettatore...così come i primi piani negli occhi praticamente vuoti di Lain. Gli stessi personaggi, il loro disegno li rende eterei, non facilmente associabili ad una realtà definita... ed elementi rassicuranti come il pigiama della protagonista non fanno che assumere connotati estranei all'atmosfera.  La narrazione è poi sconnessa fino alle battute finali. Non vi è un vera e propria cronologia nel quale incastrare gli avvenimenti e il tutto rende l'anime ancora più straniante. 

Perchè Lain è questo... Straniante. Un'operazione fuori dagli schemi, piena di idee eccellenti e sviluppato in maniera egregia, anche se non facilmente approcciabile. Quasi Lynchana nelle sue atmosfere e nei suoi contorti meccanismi di metafore, sottotesti e messaggi subliminali. Ma un'opera che merita di essere vista almeno ua volta. Perchè Lain fa parte di quella scheira di opere che difficilmente può essere apprezzata a metà. O lo si ama o lo si odia.

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