In alcuni casi un autore riesce a comunicare davvero un qualcosa, una rarefazione, un'urgenza... un'assenza che traspare da tutte le note che compone. Il nostro amato bretone in questo album cronologicamente pre-Ameliè entra nelle ossa in tardi pomeriggi di giorni fuori dal tempo, fatti di vecchi giocattoli scoperti in cantina, di biciclette rotte, di sabbia nelle scarpe, dell'attimo che ti addormenti nel metrò e ti ricordi di vecchi pensieri senza importanza ma che ancora ti fanno piangere.

Gli amori imperfetti di "La Parade" con la sua voce femminile che ci sussurra e di cui quasi sentiamo l'odore del suo respiro; l'interludio notturno di "L'Echec" che è davvero uno svegliarsi in piena notte, e parlare a bassa voce con la persona amata, anche se lei non è lì, parlare con un filo di voce, anche per poco, per nn disturbare; il ritmo di "Bagatelle" e l'umorismo di "La Lettre D'Explication": tutto è sempre pieno di una lentezza triste e felice allo stesso tempo, una gioia legata a mancanza che sublima forse, in quelle spiaggie dove prende origine questa musica, nel nord della francia, nella provincia che prende il nome di Finistère, alla fine del mondo. Ma Yann, il Corto Maltese della musica è così, è libero di improvvisare con la sua malinconia veleggiando da porto a porto, dalla chanson "Le Jours Tristes", che sfavilla anche volendosi fermare al semplice songwriting, per arrivare al solo violino di "Qu'en rest-t-il" che conclude assaltando il cielo sorridendo e correndo. Il centro del disco è la title-track, un pezzo al pianoforte oscuro ed in alcune soluzioni arrabbiato persino, dove sempre risaltano, grazie ad un sapiente a mai abusato uso del pedale sustaining, le note degli sguardi oltre quel mare.

Fuori dal tempo, un perenne ultimo giorno d'estate.

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