Svanire.

Tornare il pulviscolo che affolla l'aria.

Viaggiare sospesi, solo per essere respirati da qualcuno o qualcosa. Da una donna che distrattamente fa la spesa. Da un gatto al sole che fissa una lucertola. Dall'ultima aquila rimasta nei cieli.

E poi tornare nuovamente nell'aria, più soli, più maturi, con la tristezza di chi ha trovato un piccolo mondo, e lo ha perso, chissà dove, un istante dopo.

Fade è un disco riflessivo. Ha in sé il colore dell'ultimo giorno di vacanza. Ha il sapore della partenza, quel retrogusto amaro che ti scioglie la lingua quando sai che qualcosa non tornerà.

Gli archi languidi di Is That Enough sono l'esempio perfetto di come un sorriso malinconico sia meglio di una risata divertita, un tramonto dipinto nel suo stesso riflesso, brividi sulla pelle in una giornata che non dovrebbe mai terminare.

Well You Better è un altro dipinto di fine estate, con il suo mood distratto, è l'ultima passeggiata sul lungomare tenendo per mano i propri pensieri. Lo stesso vale per Stupid Things, una ballata distante ed eterea, che ti scivola sul corpo.

Il pop-rock di Paddle Forward è un gioiello in pieno stile Sugarcube (un classicone indie-rock), e conferma come gli Yo La Tengo siano dei maestri nella composizione di piccoli inni di zucchero distorto.

Un album che ti confessa con la sua verità, ti spoglia fino alle ossa e tira fuori tutta l'onesta malefica che hai cercato di nascondere. Fade ti pone davanti a te stesso, ti costringe a mettere in discussione la tua intera esistenza. I tuoi sbagli, i tuoi fallimenti, i ricordi che avevi provato ad uccidere, tornano in superficie come zombie. E non si può mentire, non questa volta.

Forse siamo solo di passaggio.

Forse siamo solo una musica che sfuma, dolce come The Point of It. Note perfette che si rincorrono e decadono nel silenzio.

La testina del giradischi che si solleva è l'unico finale possibile.

Nessuno ci insegna a morire.

Svanire.

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