Essere fascisti in Italia oggi...

L'aver visto il documentario "Nazirock - Il contagio fascista tra i giovani italiani" può aiutare a comprendere il perché di questa recensione, la quale intende esserne un'appendice.

Il film di Claudio Lazzaro (criticabile in verità su diversi fronti, soprattutto da un punto di vista metodologico, a mio parere) ha tuttavia il merito di esplicare in modo vivido un dato oggettivo, spesso percepito più da un punto di vista teorico ("per sentito dire"), che pratico: l'esistenza ed il dilagare in Italia di gruppi di baldi giovini militanti nelle frange dell'estrema destra.

Il film passa in rassegna gli ambienti vicini a Forza Nuova, catturando interviste e performance di band schierate su quel fronte politico. Fra queste non figurano i romani ZetaZeroAlfa (non chiedetemi la ragione per cui io ne abbia appreso l'esistenza). Il motivo di questa esclusione suppongo dipenda dal fatto che gli ZetaZeroAlfa costituiscono una realtà a parte all'interno del panorama del sottobosco fascista italiano (quello schierato, intendo, e non l'intrinseco fascismo-provincialismo-qualunquismo presente nel DNA dell'italiano medio).

La band infatti si lega direttamente al movimento che fa capo al centro sociale romano CasaPound: movimento che pare prendere le distanze dall'organismo fondato dal defunto Massimo Morsello, il De Gregori nero, che oltre ad aver inventato Forza Nuova, (cosa che forse non tutti sanno) ha anche lasciato dietro di sé i frutti di una misconosciuta carriera da cantautore.

L'ascolto di un album degli ZetaZeroAlfa può essere dunque un'esperienza interessante, da un punto di vista squisitamente sociologico intendo.

Due note biografiche anzitutto: la band nasce sul finire degli anni novanta e trova il suo esordio nel quarantacinque giri "Boicotta" del 1999, seguito a ruota da "La Dittatura del Sorriso" (1999), "Kriptonite" (2000), "Fronte dell'Essere" (2002), "Tante Botte - Live in Alkatraz" (2005) e "La Ballata dello Stoccafisso" (2007) di cui mi accingo a parlare.

Recitano le note interne:

"Durante il biennio rosso, Italo Balbo e i suoi squadristi si videro recapitare dal prefetto locale il divieto di girare con il manganello. La moglie di Balbo, cogliendo l'occasione al volo disse "meno male, così mi ammorbidite lo stoccafisso sotto sale..." e così dicendo porse al futuro gerarca una stecca dura come il marmo lunga più di un metro e mezzo...L'audace consiglio divertì molto gli squadristi che iniziarono ad ammorbidire gli stoccafissi e nemici che all'epoca avevano creato un clima di paura, violenza ed ingovernabilità del paese. Chi l'avrebbe mai detto che la riscossa di una nazione sarebbe stata legata in qualche modo anche ad un pesce...".

Dall'ilare spiegazione di un titolo tanto curioso discende la filosofia della band capitolina: un fascismo goliardico, sbarazzino, frivolo, arrogante, spaventosamente vuoto di contenuti (questo, per lo meno, da un punto di vista della proposta musicale/testuale: non estendo la mia analisi al movimento che vi sta dietro, non lo conosco e di certo non è questa la sede più adatta per parlarne, anzi vorrei chiarire che tutto quel che segue discerne esclusivamente dall'ascolto dell'album e niente altro).

Si parlava quindi di un grande vuoto: non che il genere suonato (il punk) si presti a grandi sofismi ed analisi approfondite, trattandosi di una musica diretta che procede per slogan ed invettive, ma l'impressione è che dietro a questi slogan e a queste invettive non soggiaccia una solida piattaforma concettuale.

Il messaggio di fondo, alla fin fine, può essere sintetizzato nella seguenti parole: "Viva noi, ‘fanculo gli altri". La musica degli ZetaZeroAlfa, scevra da espliciti revisionismi e attacchi isterici di nostalgia, si pone ai nostri timpani come "musica per se stessi", propaganda e cassa di risonanza per l'intero movimento. Non è un caso che l'80% dei testi volga pateticamente all'autocelebrazione, mentre il 20% rimanente si divide in burini proclami di violenza ("Nel Dubbio Mena" ne è l'esempio più vivido) e timidi attacchi all'establishment (la sola "Nemica Banca" risponde a questo appello). Scorre in tutto l'album un certo vittimismo (che si mescola all'orgoglio) nel sentirsi isolati e perseguitati da un'egemonia culturale avversa e mistificatrice.

Certo, ogni contesto deve esser valutato tenendo conto anche e soprattutto delle categorie che gli appartengono, e da sempre gli estremismi di destra fanno acqua sul piano analitico e della profondità di pensiero, adottando come dimensione piuttosto quella dell'irrazionale, dell'istinto, dell'azione, della mera estetica e della provocazione. Nonostante questa "attenuante", atterrisce il vuoto che questi brani si portano dentro, brani che, questo va ammesso, si salvano solo per la vena ironica che li attraversa, tutto sommato apprezzabile, e che sa strappare un sorriso qua e là.

Da un punto di vista strettamente musicale, si parla di un punk'n'roll elementare e rozzo in stile Motorhead (fra l'altro tributati in "Nella Mischia", imbarazzante plagio della titanica "Ace of Spades"). La pochezza tecnica la fa da padrona, ma non ci sentiamo di infierire più di tanto su questo fronte, anche perché nella loro semplicità i brani scorrono, qua e là funzionano, mentre lo svociato Sinevox è un po' il motore generatore del tutto, e i suoi testi sembrano costituire la ragione fondante di questa musica.

"La Ballata dello Stoccafisso" ammette inoltre degli elementi "stravaganti", ereditati dall'esperimento "Drumo", opera che esplora i territori del collage rumoristico: episodi che spezzano la monotonia di un punk'n'roll che lascia il tempo che trova.

Faccio un esempio: "Zang Tumb Tumb", che apre le danze, innesta la voce di Marinetti (declamante, probabilmente, il manifesto del Movimento Futurista) su un violento tappeto thrash-metal, sorretto da pull-muting poderosi e doppia-cassa triggerata come non se ne sentirà per il resto dell'album. E' forse il brano migliore della compagnia, proclama d'intenti dove si potrebbe intuire uno slancio vagamente intellettuale, che tuttavia non ritroverà riscontro nei brani che seguiranno.

Si procede infatti con la scialba "Cinghiamattanza", che vorrebbe essere un inno alle prodezze di coloro che hanno adottato l'intelligente usanza di menarsi a suon di cinghiate, sia durante i concerti a mo' di pogo, che in bizzarre dimostrazioni di fratellanza durante i raduni, o semplicemente improvvisando per le piazze, laddove i prodi energumeni amano far mostra della loro virilità sfilandosi la cintola e prendendosi a cinghiate (non so se vi avete mai assistito, ma vi assicuro che non sono belle scene).

La spompata "Asso di Bastoni", altro spudorato richiamo ai Motorhead, ribadisce più o meno il concetto ("Questo è il calmiere dell'arroganza, asso di bastoni ridona l'umiltà" recita il ritornello), concetto che, come se non bastasse, viene ripreso nella gigiona "Nel Dubbio Mena", l'episodio più simpatico del lotto ("No! Non stare in pena (perché) nel dubbio mena!!! E vedrai vivrai di più!!!").

In "Fare Blocco" si va a consolidare il ponte gettato verso gli ambienti delle scuole superiori e dell'Università, ergendo un inno a Blocco Studentesco, l'associazione studentesca di destra, ossia quello 0,2% di popolazione scolaresca da cui si recluta almeno l'80% del seguito ("E si aprirà la folla al passaggio della banda, siamo il Blocco Studentesco state tutti bene in guardia, E si aprirà la folla al passaggio della band, siamo il Blocco Studentesco non si fermerà la marcia").

"Santa Teppa" tesse le lodi del pub-ritrovo dove usano riunirsi gli amici camerati, mentre l'apoteosi dell'autocelebrazione è da rinvenire in "Senza Speranza" ("Siamo nati segnati, siamo belli davvero, ecco i figli d'Italia, siamo i figli del nero...e non puoi fare niente, non ci cambi davvero, quando passa la squadra, passa il nostro pensiero...siamo la sfida alle stelle e un bel calcio nel culo, siamo come la febbre che non passa di sicuro"; e ancora "siamo il passo romano e lo stesso saluto, siamo l'inno alla vita, ecco ciò che è dovuto...e tu che niente puoi fare, resta pure nascosto, a spiare le gesta, di chi vive davvero...siamo pronti a saltare, siamo un unico uomo, siamo un unico cuore, molto più grande del vostro").

"Presente!", "Qui Contra nos?" e "Fuligine" sono degli intermezzi atmosferici che spostano le coordinate musicali nei territori dell'ambient e del metallo industriale, mentre vorrei chiudere la descrizione di quest'album con un pezzo, nonostante tutto, davvero degno di nota: parlo di "Nero Bianco Rosso", in cui i Nostri svestono i panni di Motorhead de' noantri per spararci nelle orecchie una robusta staffilata thrash-metal (in cui io rinvengo la ruvidità dei primi Bathory, osservazione che faccio a titolo personale, dato che non penso che fosse negli intenti della band quello di tributare il buon vecchio Quorton, padre spirituale di tutti noi). Ecco, il pezzo funziona, un po' come aveva funzionato il brano di apertura, ed in questi due episodi individuo i passaggi più brillanti dell'intero album: episodi che consiglio almeno di scaricare per comprendere la portata della band.

Dunque, questi sono gli ZetaZeroAlfa, finestrella su un'Italia che conosciamo solo quando sporadicamente balza agli onori della cronaca, ma che in realtà esiste, prolifera e dilaga anche fuori dai confini della capitale.

Lascio alla sensibilità di ciascuno le conclusioni che si ritiene opportuno trarre...

Elenco e tracce

01   Zang Tumb Tumb (00:00)

02   Nero Bianco Rosso (00:00)

03   Qui Contra Nos? (00:00)

04   Senza Speranza (00:00)

05   Fuligine (00:00)

06   Cinghiamattanza (00:00)

07   Asso Di Bastoni (00:00)

08   Nemica Banca (00:00)

09   Nel Dubbio Mena (00:00)

10   Fare Blocco (00:00)

11   Presente! (00:00)

12   Santa Teppa (00:00)

13   Nella Mischia (00:00)

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